Il MASE, attraverso una recente risposta ad interpello, ha fornito precisazioni fondamentali sulla gestione dei depositi di rifiuti derivanti dall’operazione di recupero R12, definita nel Codice Ambientale. Il testo approfondisce la necessità per le imprese di ottenere istruzioni specifiche dalle autorità competenti, le quali devono stabilire limiti temporali, quantitativi e prescrizioni di sicurezza in sede autorizzativa. Viene inoltre ribadita l’impossibilità di sottoporre tali rifiuti a “messa in riserva” (R13) e la generale inapplicabilità del regime di deposito temporaneo ai rifiuti che hanno già subito operazioni di trattamento.
Le indicazioni del Ministero dell’Ambiente sul deposito dei rifiuti da operazione R12
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha recentemente offerto importanti delucidazioni in merito alle corrette modalità di gestione dei rifiuti oggetto di operazioni di recupero, con un focus specifico sulle procedure di deposito.
Attraverso la risposta ad interpello n. 79776 del 29 aprile 2025, il Dicastero ha sottolineato che le imprese coinvolte in attività di recupero di rifiuti, e in particolare quelle che effettuano l’operazione R12, sono tenute a interfacciarsi direttamente con le autorità competenti per ricevere precise istruzioni operative. Tale interazione è cruciale per assicurare che il deposito dei rifiuti scambiati ai fini di recupero avvenga in piena conformità con le normative e in condizioni di sicurezza.
Definizione e contesto dell’operazione R12 nell’ambito del recupero rifiuti
L’operazione di recupero identificata con il codice R12, secondo quanto specificato nell’Allegato C alla Parte IV del Decreto Legislativo 152/2006 (Codice Ambientale), consiste nello “scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11”. Questo significa che l’R12 rappresenta un’attività preparatoria o intermedia, in cui i rifiuti vengono raggruppati o scambiati prima di essere effettivamente sottoposti a una delle specifiche operazioni di recupero principali, che vanno dal recupero come combustibile (R1) al riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (R5), fino alla rigenerazione di oli (R9) o allo spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura (R10).
Le responsabilità dell’Autorità Competente nella definizione delle modalità di deposito
La risposta ministeriale chiarisce in modo inequivocabile che spetta all’autorità amministrativa competente, tipicamente in sede di rilascio dell’atto autorizzativo per l’impianto di gestione rifiuti, il compito di definire con precisione le condizioni per il deposito dei rifiuti derivanti dall’operazione R12. Tale definizione deve includere i limiti temporali massimi per cui i rifiuti possono essere depositati e i limiti quantitativi ammissibili. Inoltre, l’autorità deve prescrivere tutte le misure necessarie per garantire che lo svolgimento di tali attività di deposito avvenga in condizioni di assoluta sicurezza, prevenendo rischi per l’ambiente e la salute pubblica. A tal proposito, un documento di riferimento utile per orientare tali prescrizioni è costituito dalle “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, diramate con la circolare del Ministero dell’Ambiente prot. 1121 del 21 gennaio 2019.
Esclusione della messa in riserva (R13) per i rifiuti derivanti da operazioni R12
Un punto fermo ribadito dal Ministero è che i rifiuti che sono stati oggetto dell’operazione R12 non possono, in alcuna circostanza, essere successivamente destinati a un’operazione di “messa in riserva”, codificata come R13. Questa preclusione deriva direttamente dalla descrizione dell’operazione R12 contenuta nel citato Allegato C del D.Lgs. 152/2006, che esclude esplicitamente tale possibilità. La “messa in riserva” (R13) è definita come lo stoccaggio di rifiuti in attesa di una delle operazioni da R1 a R12; pertanto, un rifiuto già sottoposto a R12 ha esaurito la sua potenziale collocazione in R13.
Il principio generale: non applicabilità del deposito temporaneo ai rifiuti post-trattamento
Ampliando la prospettiva, il Ministero dell’Ambiente ha colto l’occasione per ribadire un principio di carattere generale concernente il “deposito temporaneo prima della raccolta”, come disciplinato dall’articolo 183, comma 1, lettera bb), e dall’articolo 185-bis del D.Lgs. 152/2006. Tale regime di deposito, che gode di alcune deroghe rispetto alla più stringente disciplina dello stoccaggio autorizzato, non è applicabile ai rifiuti che risultano da qualsiasi operazione di smaltimento (operazioni D) o di recupero (operazioni R). Il deposito temporaneo, infatti, è concepito e può essere legittimamente effettuato unicamente come fase preliminare, antecedente allo svolgimento di successive operazioni di gestione dei rifiuti. Al contrario, i rifiuti che sono già stati sottoposti a operazioni di smaltimento o recupero hanno già attraversato una fase di gestione formalmente autorizzata e non possono quindi essere ricondotti al regime più flessibile del deposito temporaneo.
Il contesto degli interpelli ambientali e la coerenza normativa
Le precisazioni ministeriali, come quella in esame (risposta ad interpello n. 79776 del 29 aprile 2025), vengono fornite attraverso lo strumento dell’interpello in materia ambientale, previsto dall’articolo 3-septies del D. Lgs. 152/2006. Questo meccanismo consente agli operatori e alle amministrazioni di richiedere chiarimenti interpretativi su disposizioni normative complesse. La risposta fornita si inserisce in un filone di prassi ministeriale, come dimostrato da precedenti interpelli (ad es. n. 131178 del 16 luglio 2024 e n. 43443 del 6 marzo 2024), volto a garantire un’applicazione uniforme e coerente della normativa ambientale, in particolare per quanto riguarda la gestione dei rifiuti e le relative autorizzazioni, assicurando il rispetto dei principi sanciti dalla Parte IV del Codice Ambientale.