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Chiarimenti ministeriali sull’applicazione delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) nelle procedure di bonifica ambientale

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, mediante risposta ad interpello, chiarisce i criteri per la determinazione dei limiti di contaminazione applicabili nelle procedure di bonifica, sottolineando la prevalenza dell’uso effettivo del sito sulla classificazione urbanistica formale. Vengono inoltre specificate le soglie applicabili per impianti a fonti rinnovabili e infrastrutture stradali, nonché i criteri di imputazione dei costi per la determinazione dei valori di fondo ambientali.

Introduzione: il contesto normativo e l’intervento ministeriale

La disciplina normativa relativa alla bonifica dei siti contaminati rappresenta un pilastro fondamentale della legislazione ambientale italiana, primariamente codificata nel Titolo V della Parte IV del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (noto come Testo Unico Ambientale). Un aspetto cruciale di tale disciplina concerne l’individuazione delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC), definite nell’Allegato 5 alla Parte IV del medesimo decreto, il cui superamento nelle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, acque sotterranee) fa scattare, ai sensi dell’articolo 240, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 152/2006, l’obbligo per il soggetto responsabile dell’inquinamento di avviare le procedure operative e amministrative previste, inclusi i primi interventi di messa in sicurezza e contenimento. In questo contesto normativo si inserisce la recente risposta ad interpello del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (prot. n. 71143 del 14 aprile 2025), emanata ai sensi dell’articolo 3-septies del D.Lgs. 152/2006, la quale fornisce importanti chiarimenti interpretativi su diversi aspetti applicativi.

Criteri per la determinazione dei limiti di contaminazione: prevalenza dell’uso effettivo del sito

Il primo e fondamentale chiarimento offerto dal Dicastero ambientale riguarda il criterio da adottare per selezionare i valori limite delle CSC applicabili a un sito specifico. La normativa distingue, infatti, soglie differenti in base alla destinazione d’uso del sito, prevedendo limiti più restrittivi per le aree classificate ad “uso verde pubblico e privato e residenziale” e limiti meno stringenti per quelle ad “uso commerciale e industriale”. La questione interpretativa verteva sulla prevalenza, ai fini di tale classificazione, della designazione urbanistica formale attribuita dagli strumenti di pianificazione territoriale o dell’effettiva utilizzazione del sito. Il Ministero, dirimendo i dubbi, stabilisce in modo inequivocabile che il discrimine fondamentale risiede nell’accertamento dell’uso de facto del sito. Pertanto, per determinare quali valori di CSC debbano essere rispettati ai fini dell’obbligo di bonifica, è necessario verificare quale sia l’attività concretamente svolta nell’area in esame, indipendentemente dalla sua classificazione formale negli strumenti urbanistici comunali. Questo approccio pragmatico mira a garantire che le misure di bonifica siano commisurate al rischio effettivo associato all’uso reale del suolo.

Applicazione specifica dei limiti per impianti a fonti rinnovabili e infrastrutture stradali

La risposta ministeriale affronta poi due fattispecie particolari. La prima concerne i siti oggetto di bonifica nei quali si intenda realizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In linea con le disposizioni introdotte dal Decreto-Legge 9 dicembre 2023, n. 181 (convertito con modificazioni dalla Legge 2 febbraio 2024, n. 11), specificamente all’articolo 4-ter, comma 7, il Ministero conferma che per tali aree si applicano i valori di CSC meno rigorosi previsti per i siti a destinazione “commerciale/industriale”. Tale interpretazione favorisce lo sviluppo delle energie rinnovabili su aree che necessitano di interventi di risanamento ambientale. Analogamente, il Ministero estende l’applicazione dei medesimi limiti meno restrittivi (commerciale/industriale) anche agli interventi di caratterizzazione e bonifica che interessano le infrastrutture stradali e le loro pertinenze, riconoscendo implicitamente la specificità e la natura prevalentemente non residenziale di tali aree.

Oneri finanziari per la determinazione dei valori di fondo ambientali

Un ultimo, ma non meno rilevante, chiarimento riguarda l’imputazione degli oneri economici relativi alle attività finalizzate alla determinazione dei cosiddetti “valori di fondo”. Questi valori rappresentano le concentrazioni naturali dei contaminanti presenti in un sito, o le concentrazioni residue derivanti da inquinamento diffuso non attribuibile a specifiche fonti, e sono essenziali per definire correttamente gli obiettivi di bonifica. Il Ministero precisa che la responsabilità finanziaria per tali indagini dipende dall’iniziativa: qualora la determinazione dei valori di fondo sia richiesta da un soggetto privato (ad esempio, il proprietario del sito o l’operatore interessato), i relativi costi graveranno interamente su quest’ultimo. Se, invece, tali attività sono promosse e svolte d’ufficio dall’autorità pubblica competente (ad esempio, l’ARPA o il Comune), gli oneri saranno inizialmente a carico dell’ente pubblico. Tuttavia, l’Amministrazione conserva la facoltà di porre successivamente tali spese a carico del soggetto identificato come responsabile della contaminazione, esercitando il proprio diritto di rivalsa.