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UE: rafforzata la tutela penale dell’ambiente

L’Europa sta per mettere nuovamente mano alla questione della tutela penale dell’ambiente, modificando ed integrando la proposta di revisione della Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente che andrà a sostituire la Direttiva 2008/99/Ce sul punto, risalente al 15 dicembre 2021. Il contesto e gli obiettivi della Direttiva e le novità in arrivo.

Qual è l’obiettivo della normativa europea in tema di tutela dell’ambiente?

Le politiche ambientali e la legislazione dell’UE tutelano gli habitat naturali, mantengono pulite l’acqua e l’aria, garantiscono un adeguato smaltimento dei rifiuti, migliorano la conoscenza delle sostanze tossiche e sostengono la transizione delle imprese verso un’economia sostenibile.

Il contesto in cui è stata proposta la Direttiva

La Commissione Europea ravvisa che l’attuale legislazione dell’UE, composta da norme minime comuni per configurare come reato la criminalità ambientale, costituita dalla Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, debba essere rivisitata.

In particolare, alla luce della valutazione della Direttiva nel 2019/20 e la successiva pubblicazione delle proprie conclusioni nell’ottobre 2020, la Commissione ritiene che la suddetta Direttiva non sia in grado di produrre molti effetti nella pratica:

  • negli ultimi 10 anni il numero di casi di criminalità ambientale indagati con successo e i cui autori sono stati condannati è rimasto molto basso;
  • inoltre, i livelli di sanzioni imposte sono stati troppo bassi per risultare dissuasivi e la cooperazione transfrontaliera non è stata attuata in modo sistematico.

Dalla valutazione sono emerse notevoli lacune nell’attività di contrasto in tutti gli Stati membri e a tutti i livelli della catena di contrasto (polizia, procure e organi giurisdizionali penali). Sono state inoltre individuate carenze negli Stati membri in termini di risorse, conoscenze specializzate, sensibilizzazione, definizione delle priorità, cooperazione e condivisione delle informazioni, unitamente alla mancanza di strategie nazionali globali per combattere la criminalità ambientale che coinvolgano tutti i livelli della catena di contrasto e un approccio multidisciplinare.

Inoltre, la mancanza di coordinamento tra le attività di contrasto amministrative e penali e quelle sanzionatorie spesso ostacola l’efficacia.

È stato inoltre osservato che la mancanza di dati statistici affidabili, accurati e completi sui procedimenti in materia di criminalità ambientale negli Stati membri non solo ha ostacolato la valutazione della Commissione, ma impedisce anche ai responsabili politici nazionali e agli operatori del settore di monitorare l’efficacia delle rispettive misure.

Per questo, nel Dicembre del 2021, sulla base dei risultati della valutazione, la Commissione ha deciso di rivedere la direttiva in oggetto. Il programma di lavoro della Commissione per il 2021 prevede una proposta legislativa di revisione della direttiva nel dicembre 2021.

E’ stato proposto, in quella occasione, di sostituire la direttiva 2008/99/CE, accompagnandola da una comunicazione  che illustra i suoi obiettivi strategici. Per affrontare i problemi individuati, la proposta prevede sei obiettivi:

  1. migliorare l’efficacia delle indagini e dell’azione penale aggiornando l’ambito di applicazione della direttiva;
  2. migliorare l’efficacia delle indagini e delle azioni penali chiarendo o eliminando i termini vaghi utilizzati nelle definizioni di reato ambientale;
  3. garantire tipi e livelli di sanzioni efficaci, dissuasivi e proporzionati per la criminalità ambientale;
  4. promuovere le indagini e l’azione penale transfrontaliere;
  5. migliorare il processo decisionale informato in materia di criminalità ambientale tramite una migliore raccolta e diffusione dei dati statistici;
  6. migliorare l’efficacia operativa delle catene nazionali di contrasto per promuovere indagini, azioni penali e sanzioni.

La revisione della proposta

In merito alla suddetta proposta, sulla scorta della posizione adottata dalla Commissione per gli affari giuridici (Juri) del Parlamento europeo lo scorso 21 marzo 2023, il già corposo elenco dei reati per i quali la proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 21 dicembre 2021 prevede l’utilizzo di sanzioni penali, che comprende le discipline in materia di sostanze chimiche, tutela delle acque, gestione dei rifiuti, rischi di incidenti rilevanti ed altro ancora,  dovrebbe essere integrato con ulteriori nuove voci riguardanti, tra l’altro, incendi boschivi e pesca.

Il comunicato stampa

La Commissione, a mezzo stampa, ha proposto di.

  • raddoppiare (dal 5% al 10%) le ammende commisurabili al fatturato medio mondiale delle aziende nei (tre anni lavorativi precedenti la commissione dei reati);
  • di adeguare i termini di prescrizione per i reati penali, facendoli scattare dal momento della loro scoperta piuttosto che da quando sono stati commessi.

Una volta che il mandato della Commissione sarà confermato dal Parlamento nel suo complesso, sempre secondo il comunicato Ue, la relazione approvata dalla Commissione diventerà la posizione dei deputati per i negoziati con gli Stati membri sul testo finale della legislazione (destinata a sostituire la direttiva 2008/99/Ce).

Qualità dell’aria: in discussione la proposta di Direttiva Comunitaria presso il Senato

Il contenuto della Direttiva

La proposta di Direttiva UE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, in discussione la proposta di direttiva sulla qualità dell’aria, presso la Commissione Politiche UE del Senato, richiama i principi stabiliti dalla Commissione europea nel Green Deal europeo.

Gli Obiettivi

La strategia

La Comunità mira a contribuire alla realizzazione del Piano d’azione per l’inquinamento zero, ed in particolare ridurre entro il 2050 l’inquinamento atmosferico a livelli non più considerati dannosi per la salute umana e gli ecosistemi naturali.

Gli obiettivi intermedi

Sarà necessario raggiungere, in tal senso, degli obiettivi intermedi, con riferimento alla riduzione, entro il 2030,  di:

  • almeno il 55% (rispetto al 2005) degli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico (quantificati in termini di riduzione dei decessi prematuri attribuibili all’esposizione);
  • almeno il 25% di quelli sugli ecosistemi, obiettivi che potranno essere perseguiti solo se si ridurranno ancora significativamente le emissioni dei principali inquinanti.

Individuazione di standard intermedi per la qualità dell’aria

Viene predisposto un approccio graduale verso la definizione degli attuali e futuri standard di qualità dell’aria dell’UE.

In particolare:

  • verranno fissati standard intermedi per l’anno 2030;
  • verrà sviluppata una prospettiva che favorisca la possibilità di un pieno allineamento con le linee guida dell’OMS sulla qualità dell’aria entro il 2050.

Nelle sue valutazioni, aggiornate nel 2021, l’Oms non stabilisce un valore al di sotto del quale non vi sia rischio, ma individua come limite inferiore di esposizione dei valori definiti “air quality guideline level” termine che può essere inteso come “livello raccomandato a cui tendere”: è il livello più basso per il quale è stato osservato un incremento della mortalità totale, di quella per cause cardiopolmonari, e di quella per cancro del polmone, con una confidenza migliore del 95%.

Per quanto riguarda la valutazione della qualità dell’aria, viene richiesto agli Stati membri di istituire un certo numero di “supersiti” ovvero dei punti di misura dove, accanto agli inquinanti monitorati di routine, si eseguano determinazioni della composizione chimica del particolato, della distribuzione dimensionale e della concentrazione in numero delle particelle ultrafini, del black carbon, del potenziale ossidativo del materiale particolato, della concentrazione di ammoniaca, di numerosi idrocarburi policiclici aromatici. L’introduzione della misura strutturata di nuovi parametri, appare particolarmente rilevante sia per comprendere meglio le caratteristiche degli inquinanti e indirizzare al meglio le azioni di risanamento, che per approfondire gli studi relativi agli impatti sanitari delle diverse sostanze presenti in atmosfera.

L’obiettivo è di mettere in campo al più presto le misure necessarie per ridurre l’inquinamento atmosferico al di sotto dei limiti proposti, o almeno a ridurre al minimo il periodo di superamento, con la prospettiva di raggiungere il loro rispetto su tutto il territorio entro il 2030. I piani dovranno inoltre essere monitorati costantemente per verificarne l’effettiva implementazione ed aggiornati regolarmente qualora per tre anni consecutivi persista il superamento dei limiti.

La tutela sanitaria dei Cittadini

Altro importante obiettivo perseguito dall’Atto è quello della garanzia di una maggiore tutela sanitaria per i cittadini.

Ciò dovrà essere realizzato mediante il contenimento dell’inquinamento atmosferico. 

Eurostat: l’Europa si affida eccessivamente alle fossili

Dopo il next generation EU ed il green deal, varato nel Dicembre 2019, si pensava che il destino energetico dell’Europea fosse irrimediabilmente ed irreversibilmente segnato verso un deciso incremento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili per produrre energia, verso l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. In realtà gli istituti di statistica mostrano che l’inversione di tendenza ancora non è avvenuta del tutto.

I dati eurostat

L’ UE continua a fare affidamento in gran parte sui combustibili fossili per il suo approvvigionamento energetico complessivo, come dimostra il rapporto tra combustibili fossili ed energia lorda disponibile (la domanda totale di energia di un paese o di una regione). Nel 2021, i combustibili fossili costituivano il 70% dell’energia lorda disponibile nell’UE, rimanendo allo stesso livello del 2020. Questa percentuale è diminuita notevolmente negli ultimi decenni. Dal 1990, primo anno per il quale sono disponibili i dati, è diminuito di 13 punti percentuali (pp) , principalmente a causa dell’aumento delle energie rinnovabili .

Nel 2021, Malta (96%) è rimasta il paese dell’UE con la quota più alta di combustibili fossili nell’energia disponibile lorda, seguita da Cipro e Paesi Bassi (89%), Irlanda e Polonia (88%). La maggior parte degli altri paesi dell’UE aveva quote comprese tra il 50% e l’85%. Solo Svezia (32%), Finlandia (38%) e Francia (48%) avevano quote inferiori al 50%.

Rispetto al 2020, nel 2021 le diminuzioni maggiori, ma piuttosto contenute, della quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile si sono verificate in Finlandia (-3 punti percentuali), Belgio (-3 punti percentuali), Lituania (-3 punti percentuali), Portogallo (-3 punti percentuali). -2 pp) e Danimarca (-2 pp). Gli aumenti maggiori sono stati registrati in Bulgaria (+4 pp), Estonia (+3 pp), Polonia e Slovacchia (entrambe +2 pp) e Spagna (+1 pp).

Nell’ultimo decennio, tutti i membri dell’UE hanno registrato una diminuzione della loro quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile. La diminuzione maggiore è stata misurata in Danimarca (dall’81% al 57%; -25 pp), seguita da Estonia (dal 91% nel 2010 al 69% nel 2021; -22 pp) e Finlandia (dal 57% al 38%; – 19 pagg.).

Altre diminuzioni significative sono state registrate in Lettonia (dal 69% al 57%; -12 punti percentuali), Lussemburgo (dal 90% al 79%; -11 punti percentuali) e Lituania (dal 75% al ​​64%; -10 punti percentuali).

I cali più contenuti si registrano invece in Germania (da 81% a 79%; -2 pp), seguita da Romania (da 75% a 72%; -3 pp), Malta (da 100% a 96%; poco sopra -3 pp), Ungheria (da 73% a 69%; -4 pp) e Francia (da 52% a 48%; -4 pp).

Eurostat ha recentemente pubblicato le statistiche annuali sull’energia per il 2021. Visita il database Eurostat per nuovi dati sui bilanci delle materie prime, i bilanci energetici e gli indicatori energetici e attiva i tuoi avvisi per gli articoli aggiornati di Statistics Explained in uscita nei prossimi 3 mesi. Se vuoi saperne di più sul settore energetico nell’UE in modo interattivo e personalizzabile, puoi anche visitare la pagina delle visualizzazioni energetiche per un’ampia gamma di strumenti interattivi, ad esempio diagrammi di flusso di energia e commercio di energia.

Le conseguenze

Questo significa fondamentalmente due cose:

  • l’Unione europea dipende ancora in gran parte dai combustibili fossili;
  • la UE ricerca contestualmente di incrementare la quota di energia originata dall’utilizzo di foni rinnovabili, pure essendo questa rallentata dai noti eventi della pandemia

Obiettivi di decarbonizzazione ancora lontani per l’Europa che continua a fare affidamento in gran parte sulle fonti fossili per il suo approvvigionamento energetico complessivo, come dimostra il rapporto tra combustibili fossili ed energia lorda disponibile (indice che rappresenta la domanda totale di energia di un paese).

Revisione del codice degli appalti: Confindustria Cisambiente in audizione

Confindustria Cisambiente è stata audita, lo scorso 2 Febbraio 2023, presso le Commissioni Ambiente di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, nell’ambito del ciclo di audizioni dedicato alla revisione del codice degli appalti.

Il tema

La scorsa settimana sono state attenzionate, dalle Commissioni Ambiente di Camera e Senato, per la parte di propria competenza, le prescrizioni contenute nell’atto legislativo che andrà ad intervenire sul c.d. “Codice degli Appalti” (“Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici (articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78)”.

Le osservazioni di Confindustria Cisambiente

A tal proposito Confindustria Cisambiente, l’associazione che in Italia tutela gli interessi delle Aziende operative nel settore ambientale, ha rilevato che, in merito alla possibilità di affidamento di servizi sulla base delle regole fissate dal Codice dei contratti pubblici mediante gare ad evidenza pubblica, questo sia particolarmente complesso e difficoltoso qualora lo schema di revisione fosse conservato tal quale.

Secondo l’impianto normativo previsto sul punto (unicamente quello comunitario, dopo l’abrogazione di un atto normativo interno relativo alle forme di gestione), l’affidamento avviene senza gara (“in house”), qualora sia riscontrata l’assenza di un mercato. 

Cisambiente ha denunciato l’assenza di una normativa che consenta di valutare compiutamente, secondo quanto indicato dalla normativa vigente, l’assenza di un mercato concorrenziale, tale da prediligere l’affidamento in house. 

A titolo esemplificativo e non esaustivo, a sottolineare come le prescrizioni contenute, vadano opportunamente definite, e particolare quelle relative al “Principio dell’accesso al mercato” (art. 3)[1] (per cui si ritiene necessario specificare al meglio le modalità di attuazione del principio di imparzialità, tale da giustificare un maggiore ricorso al mercato, come da noi auspicato, che garantisca i maggiori benefici non solo per il privato (utenza del servizio), ma anche per il pubblico (stazione appaltante)), e quella relativa all’articolo 9 (“Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale”[2]) (per cui si ritiene necessario specificare al meglio le modalità attraverso le quali è possibile attuare il principio in parola, alla luce delle recenti circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, con riferimento all’aumento indesiderato dei costi dovuti all’aumento dei costi unitari di erogazione/produzione dei servizi di igiene urbana/trattamento presso gli impianti, che l’autorità di regolamentazione competente ha saputo disciplinare solamente in parte.

Le osservazioni di Confindustria

Lunedì 31 Gennaio si è tenuta lunedì presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati l’audizione di Confindustria in relazione al D.lgs. recante il Codice dei Contratti Pubblici (CCP).   Al riguardo è stato valutato positivamente l’intento del Legislatore di adeguare la disciplina dei contratti pubblici alla normativa europea, conferendo organicità e sistematicità ad un impianto deteriorato dai numerosi interventi di modifica sopraggiunti negli anni. Utile in tal senso anche la scelta di far precedere gli istituti del nuovo Codice da un quadro di principi che dovrebbero indirizzarne l’applicazione.

Al netto di ciò, sono state numerose e puntuali le osservazioni e gli spunti forniti per un miglioramento del testo di legge, a partire dalla proposta di rinviare di 12 mesi l’entrata in vigore del nuovo Codice per evitare shock regolatori in una fase particolarmente delicata per l’equilibrio economico del Paese e per il buon esito del PNRR.

Margini di miglioramento sono stati evidenziati, sostenendo, tra le altre:

  • l’abbassamento delle soglie per l’affidamento diretto di servizi e forniture (che il nuovo codice fissa a 140mila euro);
  • l’individuazione di meccanismi di revisione dei prezzi più idonei per le diverse tipologie di contratti;
  • una modifica dei criteri di aggiudicazione che non schiacci l’elemento qualitativo rispetto a quello del risparmio di spesa;
  • una revisione delle cause di esclusione che permetta di superare le criticità esistenti nella precedente disciplina.

Le dichiarazioni

Giovedì 2 Febbraio Confindustria Cisambiente è stata ricevuta in rappresentanza dell’industria ambientale in Audizione presso l’VIII Commissione Ambiente della Camera dei Deputati per la revisione del Codice degli Appalti.

Stefano Sassone (Direttore Tecnico Confindustria Cisambiente) ha dichiarato: “Se fosse attuata così come la conosciamo ora, la riforma del Codice degli Appalti, andrebbe seriamente a compromettere il principio di libera concorrenza. Se, assieme a tale revisione, che noi riteniamo rivedibile in molti punti, uniamo anche la regolamentazione tariffaria, applicata agli impianti per il trattamento rifiuti che impone prezzi amministrati laddove gli stessi siano individuati come essenziali per ciclo di gestione, il risultato sarebbe la creazione di barriere insormontabili all’ingresso del mercato per le Aziende. Così facendo, qualsiasi iniziativa imprenditoriale privata viene spenta sul nascere, e gli Operatori del nostro settore sono fortemente scoraggiati ad investire nella realizzazione di nuove infrastrutture e realizzazione di servizi”.

Invece, nell’audizione svolta martedì 2 Febbraio, questa volta presso, il Direttore Tecnico ha dichiarato: “Riteniamo che una riforma del codice sia necessaria. Allo stato attuale, sulla base dei dati rilasciati dagli enti di settore, i tre quarti di tutti gli affidamenti pubblici avvengono senza pubblicità. A tale scopo è necessario altresì rispettare quanto richiesto dal Consiglio di Stato nei confronti della PA, procrastinando, almeno al 1° gennaio 2024 l’entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti”.


[1] Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità.

[2] 1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta.