L’AGCM torna sugli eventuali profili di non concorrenzialità per l’inclusione dei rifiuti prodotti dalle imprese nel novero degli urbani

Con il D.Lgs. n. 116 del 3 Settembre 2020, in recepimento delle Direttive del “Circular Economy Package” (i.e. Direttiva n. 851 del 4 Luglio 2018), veniva, tra le altre cose, da un lato eliminato l’istituto dell’assimilazione dei c.d. rifiuti “speciali” non pericolosi, ovvero quelli prodotti dalle Imprese, ai cosidetti “urbani”, e dall’altro sul nuovo regime che consentiva, alle stesse imprese, di continuare ad avvalersi dei propri recuperatori, in relazione alla possibilità offerta dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152/2006) di poter continuare ad avvalersi dei propri “recuperatori”. Laddove si fossero soddisfatte talune condizioni, il Produttore del rifiuto poteva esimersi dal conferire al Pubblico. L’AGCM è tornata sul tema, dando una propria valutazione su tali condizioni, che, se non soddisfatte, impongono alle Aziende di conferire al relativo circuito di raccolta.  

Il tema

Non vi è alcun ragionevole dubbio per inquadrare il nuovo formato dell’articolo 238, che recita quanto segue:

Con esso si prescrive che le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani (così come classificati ai sensi dell’art 183,  c. 1,  lett. b-ter),  n. 2 del TUA),  che  li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero  dei  rifiuti  stessi  sono  escluse dalla corresponsione  della  componente  tariffaria  rapportata  alla quantità dei rifiuti conferiti; le  medesime  utenze  effettuano  la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a due anni.

Si tratta di uno strumento che prevede:

  1. un caso particolare, rappresentato da quello che prevede il conferimento da parte delle utenze non domestiche, dei rifiuti urbani, ovvero quelli classificati come tali laddove originati da determinate attività produttive e aventi una determinata qualità, nel caso in ci siano non pericolosi, recuperabili, e siano conferiti per almeno due anni nel medesimo impianto di recupero;
  2. un caso generale, rappresentato da tutti i casi diversi dal precedente.

Gli orientamenti dell’AGCM

Ebbene, con un pronunciamento sull’applicazione dell’art. 238, comma 1 del d.lgs. 152/2006, riguradante, appunto, la fuoriuscita delle utenze non domestiche dal servizio pubblico relativo ad un comportamento attuato dal gestore del servizio di raccolta dei rifiuti urbani del bacino di Venezia (VERITAS), per lo stesso, in applicazione del suddetto, ha riconosciuto:

la non applicazione della TARI per quelle utenze non domestiche che scelgono di conferire tutti i rifiuti “simili”, di cui all’allegato L-quater del d.lgs. 152/2006, ad operatori privati per avviarli al recupero;

la sola riduzione della quota variabile della TARI per parte dei rifiuti “simili” avviati al riciclo.

L’Autorità ha ritenuto che:

  1. tale modalità di applicazione della norma “un ingiustificato ampliamento della privativa in favore del gestore del servizio pubblico”, privando le utenze non domestiche della loro effettiva facoltà di uscire dal servizio pubblico anche per una sola quota parte dei rifiuti “simili” avviati a recupero presso operatori privati, qualora non trovino sul mercato operatori in grado di trattare tutte le tipologie di rifiuti “simili” da loro prodotti
  2. al fine, di non ostacolare la fuoriuscita delle utenze non domestiche dal servizio pubblico e contestualmente di evitare di conferire allo stesso servizio pubblico indebiti vantaggi, le informazioni che le utenze non domestiche sono tenute a rendere note al gestore relativamente ai rifiuti “simili” avviati al recupero con operatori privati devono limitarsi a quanto strettamente necessario.