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ISPRA: Pubblicata l’analisi sulla disponibilità della risorsa idrica nazionale

In occasione della giornata mondiale dell’acqua, diramati da ISPRA i dati sulla disponibilità della risorsa idrica in Italia.

Le principali evidenze

Secondo ISPRA, nel corso del 2023 l’Italia ha affrontato sfide significative legate al clima, includendo periodi di siccità, precipitazioni record e alluvioni. Tuttavia, rispetto al 2022, ci sono stati segnali di miglioramento, come indicato dalle analisi condotte dall’ISPRA sulla disponibilità di risorse idriche nel nostro Paese.

Secondo le stime del modello idrologico nazionale realizzato da ISPRA, BIGBANG, la disponibilità di risorsa idrica per il 2023 è stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore di precipitazione totale di 279,1 miliardi di metri cubi. Questi dati rappresentano un lieve miglioramento rispetto al 2022, quando la disponibilità di risorse ha raggiunto il minimo storico dal 1951, con soli 67 miliardi di metri cubi.

Il 2023 ha fatto registrare una riduzione a livello nazionale di circa il 18% della disponibilità rispetto alla media annua dello stesso lungo periodo 1951–2023, risultato dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni – specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre – e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno.

Per quanto riguarda la siccità, i dati confermano un trend crescente. Nel 2022 circa il 20% del territorio nazionale versa in condizioni di siccità estrema e circa il 40% in siccità severa e moderata. In termini di persistenza delle condizioni di siccità, il 2022 risulta in Italia il terzo per gravità, preceduto solo dal 1990 e dal 2002.

Per maggiori informazioni

https://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/idro/BIGBANG_ISPRA.html

Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità: l’impegno dell’Italia

Il Ministro Pichetto: “Contesto complesso incide su crescita Paese, tema chiave è efficienza gestione idrica. Da PNACC il quadro di azioni necessarie”.

I dati

Secondo le ultime stime, quasi un terzo del territorio nazionale (il 28%, dati ISPRA) è degradato e a rischio desertificazione. Siccità, degrado del suolo e desertificazione sono problemi ambientali correlati, che possono determinare situazioni emergenziali con impatti severi su economia, ambiente, agricoltura. Il “trend” climatico degli ultimi anni mostra un ritmo e un’intensità crescente dei fenomeni siccitosi, anche in ambito del Mediterraneo e nel nostro stesso Paese.

Il tema della giornata la celebrazione della giornata è infatti “Her Land. Her rights.”, “La sua terra. I suoi diritti.”, scelto per promuovere esempi di successo con i contributi di donne e ragazze alla gestione sostenibile del suolo e mobilitare il sostegno per promuovere i diritti alla terra per le donne e le ragazze di tutto il mondo.

La lotta alla desertificazione

La lotta alla desertificazione è un processo globale che mira a contrastare l’espansione delle aree desertiche o semidesertiche attraverso una combinazione di strategie di gestione sostenibile delle terre, politiche di conservazione ambientale e pratiche agricole appropriate.

La desertificazione è il processo attraverso il quale le terre precedentemente produttive diventano aride, con una diminuzione significativa della vegetazione e della fertilità del suolo. Questo può essere causato da una serie di fattori, tra cui il sovrapascolamento, la deforestazione, il cambiamento climatico, l’erosione del suolo e le pratiche agricole non sostenibili.

Per combattere la desertificazione, sono necessarie azioni su più fronti. Ecco alcune delle strategie chiave che vengono adottate:

Gestione sostenibile delle terre: è importante implementare pratiche di gestione del suolo che migliorino la sua struttura e fertilità. Ciò può includere la rotazione delle colture, la conservazione dell’acqua, l’uso di terrazze per ridurre l’erosione del suolo e la gestione mirata delle aree colpite.

Rimboschimento e ripristino delle terre: la piantumazione di alberi e la riparazione degli ecosistemi degradati possono aiutare a stabilizzare il suolo, ridurre l’erosione e favorire la ripresa della vegetazione.

Conservazione dell’acqua: la gestione efficiente delle risorse idriche è fondamentale per contrastare la desertificazione. Ciò può comportare l’adozione di tecniche di irrigazione a basso consumo idrico, la raccolta e la conservazione dell’acqua piovana e l’implementazione di sistemi di irrigazione più efficienti.

Pratiche agricole sostenibili: promuovere l’agricoltura sostenibile può ridurre l’erosione del suolo e la degradazione. L’uso di tecniche come l’agricoltura di conservazione, l’agroforestazione e l’agricoltura biologica può aiutare a mantenere la fertilità del suolo e ridurre l’esaurimento delle risorse naturali.

Coinvolgimento delle comunità locali: coinvolgere le comunità locali nella gestione delle risorse naturali è essenziale. Ciò può essere fatto attraverso programmi di educazione ambientale, lo sviluppo di alternative economiche sostenibili e l’adozione di pratiche agricole che rispettino le tradizioni locali e promuovano la resilienza.

Cooperazione internazionale: la lotta alla desertificazione richiede sforzi congiunti a livello internazionale. Gli accordi internazionali, come la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD), promuovono la collaborazione tra i paesi per affrontare il problema e fornire sostegno finanziario e tecnico alle nazioni colpite.

È importante sottolineare che la lotta alla desertificazione richiede un impegno a lungo termine e una combinazione di misure preventive, mitigazione e ripristino. La consape

Le dichiarazioni

“L’Italia è impegnata a vincere la sfida contro la siccità e la desertificazione, in un contesto di cambiamento climatico che mette a rischio i sistemi naturali, incidendo negativamente sulle prospettive di crescita del Paese”. Lo afferma Gilberto Pichetto, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in occasione della “Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità”, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con una risoluzione adottata nel dicembre 1994.

“Il governo – spiega Pichetto – lavora fin dal suo insediamento sul tema chiave dell’efficienza nella gestione idrica: sta rafforzando la governance di contrasto ai fenomeni siccitosi, come base per nuovi strumenti operativi sul territorio e per lo sviluppo delle migliori pratiche. Il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, ormai in dirittura d’arrivo, aggiornerà il quadro di azioni necessarie a contenere questi fenomeni”. “L’Italia – conclude Pichetto – sta anche intensificando la sua cooperazione internazionale, con importanti progetti di contrasto alla desertificazione in Africa, in particolare nel Sahel”.

Il Ministro Pichetto ricorda, in proposito, “l’importanza storica e sempre attuale dell’impegno femminile nella cura della terra: la stessa nostra azione nel continente africano – spiega – intende creare le condizioni ambientali per nuove opportunità di lavoro rivolte a donne e giovani”.

Come osservato dal Segretario Esecutivo dell’UNCCD, Ibrahim Thiaw, “le donne sono le principali attrici negli sforzi globali per ridurre e invertire il degrado del suolo. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei paesi, le donne hanno accesso e controllo sulla terra in modo ineguale e limitato. Non possiamo raggiungere la neutralità del degrado del suolo senza l’uguaglianza di genere e non possiamo escludere metà della popolazione dalle decisioni di gestione del territorio a causa del loro genere”.

Le informazioni in merito alla celebrazione della giornata e i materiali della campagna sono scaricabili dal sito del Segretariato della UNCCD al link: https://www.unccd.int/events/desertification-drought-day.

Guarda il video del MASE

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Acque reflue urbane: deferita nuovamente l’Italia

Con un comunicato, la Comunità Europea deferisce l’Italia alla Corte di giustizia per il trattamento inadeguato delle acque reflue urbane. Quali sono i rischi per l’Italia ed il contenuto del Comunicato stampa.

Cosa è avvenuto

Lo scorso 1° Giugno la Commissione Europea ha deciso di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE per non aver dato seguito nell’esecuzione della sentenza della Corte del 10 aprile 2014 relativa al trattamento delle acque reflue urbane. La Corte aveva allora stabilito che l’Italia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE del Consiglio) in quanto 41 agglomerati non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane. Questo dà seguito quindi a una delle procedure di infrazione all’attivo per il nostro paese su questo dossier.

Il comunicato stampa

Acque reflue urbane: la Commissione decide di deferire nuovamente l’ITALIA alla Corte di giustizia per il trattamento inadeguato delle acque reflue urbane

Oggi la Commissione ha deciso di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE in quanto il paese non ha dato piena esecuzione a una sentenza della Corte del 10 aprile 2014 relativa al trattamento delle acque reflue urbane. La Corte aveva allora stabilito che l’Italia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE del Consiglio) in quanto 41 agglomerati non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane.

Nonostante i notevoli progressi compiuti, le acque reflue urbane non sono ancora adeguatamente trattate in cinque agglomerati: uno in Valle d’Aosta e quattro in Sicilia. La mancanza di adeguati sistemi di trattamento per questi cinque agglomerati comporta rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino nelle aree critiche sotto il profilo ecologico in cui sono scaricate le acque reflue non trattate.

Nonostante la lettera di costituzione in mora ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, inviata dalla Commissione all’Italia il 17 maggio 2018, i cinque agglomerati summenzionati non risultano ancora conformi. Sulla base delle informazioni trasmesse dalle autorità italiane, la piena conformità alla sentenza del 10 aprile 2014 non sarà raggiunta prima del 2027; tuttavia l’Italia avrebbe dovuto garantire il rispetto della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane sin dal 31 dicembre 1998. Questo secondo deferimento alla Corte può comportare l’irrogazione di sanzioni pecuniarie all’Italia, tenuto conto della gravità e del protrarsi dell’infrazione.

La piena attuazione degli standard stabiliti nella legislazione dell’UE è fondamentale per proteggere la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale. Il Green Deal europeo stabilisce l’obiettivo “inquinamento zero” per l’UE.

Contesto

La direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane impone agli Stati membri di garantire che gli agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) raccolgano e trattino correttamente le acque reflue. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Contengono tra l’altro nutrienti, come l’azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la proliferazione eccessiva di alghe che soffocano altre forme di vita, processo conosciuto come eutrofizzazione.

MASE: al via la consultazione sul riutilizzo dei reflui urbani depurati e affinati

Con una informativa, il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha posto in consultazione pubblica il Decreto del Presidente della Repubblica che armonizza la disciplina nazionale con quella europea sul riutilizzo delle acque reflue urbane depurate ed affinate per diversi usi.

L’informativa del MASE

Il Ministero dell’Ambiente ha diramato un’informativa attraverso la quale interviene sul tema del riutilizzo dei reflui urbani depurati e affinati

Il Ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica pone in consultazione pubblica il Decreto del Presidente della Repubblica che armonizza la disciplina nazionale con quella europea sul riutilizzo delle acque reflue urbane depurate ed affinate per diversi usi.

L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea che già pratica il riutilizzo delle acque reflue depurate, con tutte le più adeguate tecniche volte alla protezione della salute pubblica e dell’ambiente.  Dal prossimo 26 giugno, si applicherà negli stati dell’Ue il nuovo regolamento del Parlamento e del Consiglio europeo (n.2020/741 del 25 maggio 2020) che definisce per la prima volta requisiti minimi per l’utilizzo delle acque di recupero.

Il testo nazionale e quello europeo si differenziano per una serie di profili, tra cui l’ambito di applicazione e diversi utilizzi, l’approccio basato sulla gestione del rischio, le categorie dei soggetti responsabili, una diversa tipologia di approccio per la verifica di qualità delle acque. Per questo, la Direzione generale Uso sostenibile del Suolo e delle risorse idriche del Ministero si è attivata per equilibrare le due discipline, con l’obiettivo di non imporre agli operatori italiani un gravoso doppio binario normativo e diffondere in maniera efficace la pratica del riutilizzo, misura virtuosa in un’ottica di economia circolare.

La bozza del nuovo DPR oggetto in consultazione pubblica è al link Acque: MASE, in consultazione pubblica il DPR sul riutilizzo dei reflui urbani depurati e affinati | Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Le dichiarazioni

Puntiamo molto – spiega il ministro Gilberto Pichetto – sullo sviluppo di una pratica che rappresenta anche una risposta alla scarsità di acqua che vivono tante parti del territorio nazionale: preziosa risorsa idrica può essere messa a disposizione dell’agricoltura, in ambiti civili e industriali, per rafforzare gli ecosistemi”.

“L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea che già pratica il riutilizzo delle acque reflue depurate, con tutte le più adeguate tecniche volte alla protezione della salute pubblica e dell’ambiente.  Dal prossimo 26 giugno, si applicherà negli stati dell’Ue il nuovo regolamento del Parlamento e del Consiglio europeo (n.2020/741 del 25 maggio 2020) che definisce per la prima volta requisiti minimi per l’utilizzo delle acque di recupero.

Il testo nazionale e quello europeo si differenziano per una serie di profili, tra cui l’ambito di applicazione e diversi utilizzi, l’approccio basato sulla gestione del rischio, le categorie dei soggetti responsabili, una diversa tipologia di approccio per la verifica di qualità delle acque. Per questo, la Direzione generale Uso sostenibile del Suolo e delle risorse idriche del Ministero si è attivata per equilibrare le due discipline, con l’obiettivo di non imporre agli operatori italiani un gravoso doppio binario normativo e diffondere in maniera efficace la pratica del riutilizzo, misura virtuosa in un’ottica di economia circolare.”

Il termine per le osservazioni

Le osservazioni e le integrazioni potranno essere inviate entro il 31 marzo 2023 alla mail USSRI-5@mase.gov.it, secondo il format predefinito scaricabile.

Approvato il DDL “SalvaMare”

Dopo un tortuoso iter, al termine dell’esame in quarta lettura in sede redigente, presso la Commissione Ambiente del Senato è stata approvata, all’unanimità e in via definitiva, la c.d “legge SalvaMare”, recante Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare.

Le obiezioni all’atto

Si tratta di un risultato frutto di percorso molto lungo, iniziato quattro anni orsono.

Gli ostacoli sono stati molteplici, ad iniziare dall’impiego dell’aggettivo “monouso” in accompagnamento al termine “plastiche”, che doveva interessare non solo quest’ultimo materiale, ma anche quelle di origine biologica.

Inoltre, vari stakeholders hanno richiesto, sempre sul punto, una parificazione di trattamento per plastica e bioplastica, accomunate da un medesimo e chiaro destino: non posso trovare come destinazione il mare.

Il contenuto della bozza

Con la bozza di DDL, il cui testo oramai è condiviso e pertanto dovrebbe giungere, con ragionevole certezza, all’approvazione senza ulteriori modifiche ed integrazioni.

Le prescrizioni

Con esso si prevede:

• una gestione semplificata dei rifiuti accidentalmente pescati, che vengono equiparati ai rifiuti delle navi;
• la possibilità di conferire i rifiuti pescati accidentalmente presso appositi impianti portuali di raccolta;
• la qualificazione, come regime giuridico, di deposito temporaneo per quanto attiene il conferimento presso suddetti impianti.

Infine, per effettuare suddetto conferimento, non sarà necessaria iscrizione alcuna all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.

Le eliminazioni

Viene escluso l’obbligo di etichettatura, a partire dal 30 giugno 2022, per i prodotti tessili che rilasciano microfibre (una etichetta che avverte che ad ogni lavaggio si rilasciano microfibre che contribuiscono all’inquinamento da plastiche del mare).

Completato il primo aggiornamento del Programma nazionale di misure nell’ambito della “Strategia per l’ambiente marino”

Sul finire di Dicembre 2021 il MITE ha approvato il nuovo Programma di misure per il ciclo 2022-2027 nell’ambito della strategia per l’ambiente marino. Entro il 31 marzo 2022 l’invio del reporting alla Commissione europea.

L’approvazione delle misure in seno al MITE

Il 20 dicembre 2021 si è svolta la riunione del Comitato tecnico per la Strategia per l’ambiente marino, che ha definitivamente approvato il nuovo Programma di misure per il ciclo 2022-2027, nel pieno rispetto delle tempistiche previste dalla Direttiva 2008/56/CE “che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino”[1]. Entro il 31 marzo 2022 l’invio del reporting alla Commissione europea

Il Comitato tecnico in seno al MITE aveva sottoposto alla Consultazione pubblica[2] le misure già adottate e l’elenco delle possibili nuove misure presentate dalla DG MAC a seguito della gap analysis condotta dall’ISPRA.

Le prossime tappe

Le prossime tappe del processo per l’avvio delle nuove misure per la tutela dell’ambiente marino sono:

  • adozione  del nuovo DPCM (che andrà a sostituire quello attualmente in vigore del 10/10/2017);
  • invio, entro il 31 marzo 2022, del reporting alla Commissione europea per la prevista condivisione del nuovo programma di misure.
La roadmap della strategia

[1] La direttiva contribuisce a garantire coerenza tra le diverse politiche settoriali e le misure legislative e di pianificazione che hanno un impatto sull’ambiente marino allo scopo di salvaguardarne la biodiversità e l’utilizzo sostenibile delle sue risorse.

[2] La Consultazione pubblica è stata aperta dal 5 novembre al 4 dicembre 2021 e i commenti pervenuti sono stati analizzati dall’ISPRA, che ha formulato proposte per ogni contributo.

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Acque reflue, consultazione pubblica Ue su revisione direttiva

La commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul tema della disciplina normativa del trattamento delle acque reflue di provenienza urbana

Le motivazioni

La comunità richiama, quali obiettivi fondanti l’indagine, la necessità di proteggere la salute pubblica e l’ambiente. Si ritiene fondamentale garantire che le acque reflue urbane siano pulite e sicure, chiarendo che, tale ambito fondamentale della politica comunitaria sul punto, viene disciplinata dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.

L’obiettivo

L’Unione intende la massima quantità e qualità delle informazioni utili ad operare una modificazione della direttiva, dopo una recente valutazione effettuata, da cui sono state riscontrate talune carenze (in particolare, tra le altre cose, la persistenza di una serie di fonti di inquinamento), e definire, al meglio, anche il contorno delle nuove esigenze della società che devono essere affrontate.

La procedura legislativa

L’iniziativa è partita lo scorso 28 aprile e dovrà consentire la raccolta di opinioni finalizzate all’aggiornamento della suddetta direttiva, la 91/271/Cee recante il trattamento delle acque reflue urbane.

I portatori di interesse verranno coinvolti a riguardo della valutazione sulle misure sviluppate dalla Commissione nel corso del 2020, sulla base dei riscontri e della cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate.

Tali misure riguardano la riduzione dell’inquinamento proveniente dalle acque piovane, ed in particolare:

  • dai singoli sistemi e dai piccoli agglomerati;
  • dai microinquinanti nelle acque reflue (come i prodotti farmaceutici e le microplastiche).

Si ricordano, fra le altre, anche le misure riguardanti:

  • la riduzione del consumo di energia nel settore delle acque reflue[1];
  • le emissioni di gas a effetto serra.

Il contesto

L’iniziativa si inserisce nell’ambito del raggiungimento della neutralità climatica prevista come obiettivo del Green Deal comunitario, entro il 2050.

Per maggiori informazioni

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[1] Esso rappresenta l’1% di tutta l’energia consumata nell’UE