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CNR, CODIGER e CdC RAEE sottoscrivono un accordo quadro di collaborazione per la gestione dei rifiuti elettronici e la divulgazione scientifica

Con un documento, Consiglio nazionale delle ricerche, Conferenza permanente dei Direttori Generali degli Enti Pubblici di Ricerca Italiani e Centro di Coordinamento RAEE, viene esteso, a tutti gli enti di ricerca pubblici il servizio gratuito di ritiro dei RAEE ‘Dual use’ e promossa un’attività di informazione e formazione sulle potenzialità in termini di sostenibilità derivanti dal loro corretto recupero e riciclo.

Il documento

Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr)[1], Conferenza permanente dei Direttori Generali degli Enti Pubblici di Ricerca Italiani (Codiger)[2] e il Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE)[3], l’organismo centrale che si occupa in Italia di ottimizzare la raccolta, il ritiro e la gestione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici, hanno sottoscritto un accordo quadro di collaborazione destinato a promuovere in tutti gli enti di ricerca pubblici nazionali la corretta gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ‘Dual Use’ e a favorire la divulgazione scientifica sull’importanza del corretto riciclo e recupero dei RAEE.

Cosa sono i RAEE Dual-Use

Si tratta di una particolare categoria di RAEE ‘Dual use’ identifica i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) generati dall’utilizzo in attività commerciali, industriali o istituzionali di apparecchiature utilizzate anche in ambito domestico.

Promotore dell’accordo quadro è il Consiglio Nazionale delle Ricerche che nel maggio del 2023 ha sottoscritto con il CdC RAEE un protocollo di collaborazione con le medesime finalità.

In qualità di utilizzatori di numerose AEE e produttori di RAEE Dual Use, tutti gli enti di ricerca hanno infatti l’esigenza di avviare a corretto trattamento questi rifiuti tecnologici. In base al recente protocollo viene facilitato il ritiro gratuito dei RAEE nei punti di prelievo presso le strutture identificate e il successivo conferimento agli impianti accreditati dal CdC RAEE ad opera dei sistemi collettivi consorziati.

Il Centro di Coordinamento metterà pertanto a disposizione il portale per l’iscrizione dei punti di prelievo dei RAEE dai singoli enti di ricerca ed effettuerà l’attivazione del servizio di ritiro gratuito tramite i sistemi collettivi.

A sua volta il Codiger si attiverà presso tutti gli enti associati per far conoscere e promuovere l’accordo e le relative procedure attuative e operative.

Sul fronte della comunicazione e della divulgazione scientifica, i tre soggetti firmatari svolgeranno attività di informazione e formazione sulla natura e la pericolosità dei RAEE per l’ambiente, ma anche sulle loro potenzialità economiche in termini di ‘sostenibilità’ e, per-tanto, sull’importanza del loro corretto riciclo e recupero.

Il CNR metterà a disposizione il proprio know-how e le informazioni acquisite direttamente dall’esperienza attualmente in corso. Il CdC RAEE opererà in sinergia con il Codiger per identificare gli argomenti di maggiore interesse scientifico e per supportare e favorire la diffusione e la divulgazione culturale e scientifica sul corretto trattamento dei RAEE.


[1] Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) è un ente pubblico di ricerca nazionale con competenze multidisciplinari, vigilato dal Ministero dell’università e della ricerca (Mur). Le attività vengono svolte attraverso un patrimonio di risorse umane di circa 8.500 dipendenti e la rete scientifica è costituita da 88 istituti di ricerca e da 7 dipartimenti per aree macro-tematiche. In particolare, l’Unità ambiente e gestione rifiuti del Cnr, tra le varie attività svolte, fornisce supporto e consulenza all’Ente sulla gestione dei rifiuti speciali, svolge compiti di indirizzo e di orientamento sulla tutela delle acque, l’inquinamento del suolo, le bonifiche di siti inquinati e l’inquinamento atmosferico. Inoltre, fornisce supporto alle strutture sulle modalità di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.

[2] La Conferenza Permanente dei Direttori Generali degli Enti Pubblici di Ricerca Italiani (Codiger), associazione senza scopo di lucro fondata nel 1994, riunisce tutti gli Enti pubblici di ricerca con l’obiettivo di promuovere il miglioramento della gestione della ricerca italiana coordinando  e contribuendo a metterne a sistema  l’azione.

[3] Il Centro di Coordinamento RAEE è un consorzio di natura privata, gestito e governato dai Sistemi Collettivi sotto la supervisione del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e del Ministero delle imprese e del made in Italy. È costituito dai Sistemi Collettivi dei produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE), in adempimento all’obbligo previsto dal Decreto Legislativo n. 49 del 14 marzo 2014. Il compito primario del Centro di Coordinamento RAEE è garantire su tutto il territorio nazionale una corretta gestione dei RAEE originati dalla raccolta differenziata, assicurando che tutti i Sistemi Collettivi lavorino con modalità ed in condizioni operative omogenee; il Centro di Coordinamento RAEE stabilisce, inoltre, come devono essere assegnati i centri di raccolta RAEE ai diversi Sistemi Collettivi.

ISPRA: Pubblicata l’analisi sulla disponibilità della risorsa idrica nazionale

In occasione della giornata mondiale dell’acqua, diramati da ISPRA i dati sulla disponibilità della risorsa idrica in Italia.

Le principali evidenze

Secondo ISPRA, nel corso del 2023 l’Italia ha affrontato sfide significative legate al clima, includendo periodi di siccità, precipitazioni record e alluvioni. Tuttavia, rispetto al 2022, ci sono stati segnali di miglioramento, come indicato dalle analisi condotte dall’ISPRA sulla disponibilità di risorse idriche nel nostro Paese.

Secondo le stime del modello idrologico nazionale realizzato da ISPRA, BIGBANG, la disponibilità di risorsa idrica per il 2023 è stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore di precipitazione totale di 279,1 miliardi di metri cubi. Questi dati rappresentano un lieve miglioramento rispetto al 2022, quando la disponibilità di risorse ha raggiunto il minimo storico dal 1951, con soli 67 miliardi di metri cubi.

Il 2023 ha fatto registrare una riduzione a livello nazionale di circa il 18% della disponibilità rispetto alla media annua dello stesso lungo periodo 1951–2023, risultato dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni – specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre – e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno.

Per quanto riguarda la siccità, i dati confermano un trend crescente. Nel 2022 circa il 20% del territorio nazionale versa in condizioni di siccità estrema e circa il 40% in siccità severa e moderata. In termini di persistenza delle condizioni di siccità, il 2022 risulta in Italia il terzo per gravità, preceduto solo dal 1990 e dal 2002.

Per maggiori informazioni

https://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/idro/BIGBANG_ISPRA.html

Ministero dell’Ambiente: al via i bandi per realizzare la strategia italiana sullo sviluppo sostenibile

Con la pubblicazione del primo avviso, al via le prime operazioni per poter dar luogo alla strategia italiana sullo sviluppo sostenibile, varata nel Giugno 2022. Saranno gli Enti locali i beneficiari delle risorse. Vediamo cos’è la Strategia e le caratteristiche dell’avviso.

La strategia italiana sullo sviluppo sostenibile

Prima di vedere l’entità dei bandi, una breve sintesi della strategia.

Con essa viene fornito il quadro di azione orientato alla promozione di uno sviluppo che armonizzi aspetti economici, sociali e ambientali, declinando per il contesto nazionale gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delineati dall’ONU.

La strategia punta a implementare i principi dell’Agenda 2030 nel tessuto socioeconomico e politico italiano.

Ciò dovrà avvenire mediante la stesura di un percorso utile ad affrontare sfide pressanti come:

  • cambiamento climatico;
  • disuguaglianze sociali;
  • promozione di un’economia circolare.

Rivista nel 2022 per garantire un futuro prospero e resiliente per le generazioni attuali e future, essa:

  • coordina le iniziative a livello nazionale e locale;
  • promuove le collaborazioni tra enti governativi, organizzazioni non governative, aziende e cittadini,

con l’obiettivo di sviluppare soluzioni innovative e sostenibili.

L’obiettivo finale è quello di creare una società più equa e inclusiva, dove ogni individuo possa godere di un alto livello di benessere senza compromettere le risorse e le opportunità per le future generazioni.

Per maggiori informazioni

https://www.mase.gov.it/pagina/la-snsvs

L’avviso

Con un avviso, il MASE mette a disposizione 5,5 milioni di euro per dare impulso al processo di attuazione sui territori della nuova Strategia Nazionale per lo Sviluppo sostenibile e dell’Agenda 2030, come per la localizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU.

Esso riguarda la sottoscrizione di accordi di collaborazione con Regioni, Province Autonome e Città metropolitane, che diano piena attuazione alle direttrici di azione dei tre “vettori di sostenibilità” della Strategia: coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, cultura per la sostenibilità e partecipazione.

L’avviso per la presentazione di manifestazioni di interesse, realizzato dalla direzione Economia Circolare del MASE, si sviluppa in continuità con i due precedenti del 2018 e del 2019/2020 che hanno accompagnato il pieno impegno dei territori, portando all’approvazione di diciassette Strategie regionali e provinciali per lo sviluppo sostenibile, insieme a otto agende metropolitane.

Per maggiori informazioni:

https://www.mase.gov.it/bandi/avviso-pubblico-rivolto-regioni-province-autonome-e-citta-metropolitane-la-presentazione-di

Le dichiarazioni del Ministro

 “Cominciamo così – spiega il Ministro Gilberto Pichetto – a dare concreta attuazione alla nuova Strategia, sulla quale prevediamo di investire nel prossimo biennio circa 17 milioni di euro. Presupposto di tutto è la piena connessione e collaborazione con i territori, che devono sentirsi diretti protagonisti – aggiunge il Ministro – di una sfida che si può vincere solo tutti insieme”.

Il MASE continuerà a promuovere la collaborazione con gli enti territoriali, perseguendo l’obiettivo del pieno coinvolgimento nelle attività di attuazione, monitoraggio e rendicontazione della Strategia, ma anche sostenendo nei contesti nazionali e internazionali il ruolo dei territori per la piena realizzazione dell’Agenda 2030. “Con queste azioni – conclude il Ministro Pichetto – l’Italia rappresenta un caso di ‘best practice’ internazionale per la localizzazione degli SDGs”.

Stefano Sassone, intervista a Tg3 Leonardo

Stefano Sassone è tornato sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi, di rilevante interesse in questa fine di anno per via della collocazione delle scorie originate dalla produzione dell’energia nucleare nei decenni trascorsi: “Il deposito nazionale dovrà essere costituito da un luogo, in cui il rischio per l’uomo e per l’ambiente dovrà essere nullo, in una struttura in cui il materiale dovrà essere letteralmente tombato, e di conseguenza non potrà essere in grado di emettere alcuna forma di radioattività nei confronti dell’esterno”. Cosa sono le scorie nucleari, quale la differenza con i rifiuti radioattivi e la consistenza del fenomeno in Italia.

Differenze tra scorie e rifiuti

Qual è la differenza tra scorie e rifiuti radioattivi

Le scorie nucleari sono materiali radioattivi, originati dalla produzione di energia nucleare, che possono assumere uno stato fisico solido e/o liquido.

I rifiuti radioattivi sono quelli originati dallo svolgimento delle attività antropiche nel loro complesso, nell’ambito delle quali sono impiegati suddetti materiali radioattivi.

Da dove nascono i rifiuti radioattivi

Pertanto, i rifiuti radioattivi vengono costituiti dalle scorie nucleari e dai materiali di scarto provenienti da altre attività, quali:

  • le attività legate alla medicina nucleare[1];
  • la produzione di talune apparecchiature industriali[2];
  • lo svolgimento di attività di ricerca.

le scorie derivano dall’attività di produzione di energia nucleare, che in Italia si è svolta tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ‘80

E’ sorta, dal 1987 in avanti, anno in cui l’italia ha rinunciato mediante un referendum, al nucleare, l’esigenza di dovere gestire rifiuti, ma in particolare, le scorie radioattive

Sappiamo tutti che le scorie nucleari, e, in generale, rifiuti radioattivi sono pericolosi.

Ciò è dovuto alle radiazioni emesse da queste particelle, da cui è necessario proteggersi; laddove esse siano concentrate oltre una determinata quantità e qualità possono, rappresentare un rischio per la salute dell’uomo e per l’ambiente.

Qualora ciò si verifica, sorge la questione di:

  • come ed in quale modo sia possibile contenere il fenomeno e non recare danni per il genere umano e per le matrici ambientali, ovvero occorre individuarne le corrette modalità di smaltimento;
  • individuare le migliori modalità di smaltimento di tali rifiuti.

Come funziona il ciclo del trattamento

In merito al ciclo di trattamento dei rifiuti radioattivi, occorre puntualizzare che la nostra normativa ambientale sul punto prevede che l’esito della gestione di un rifiuto una volta divenuto tale, in generale possa essere costituito alternativamente dal suo recupero (laddove chi ne realizza la produzione ne scorga la possibilità che esso sia reintrodotto nel ciclo economico perché sussiste un suo valore), oppure dallo smaltimento (ove, al contrario, ciò non avviene).

Al contrario, l’unico esito possibile per il materiale in esame è lo smaltimento.

Qual è il principio fondamentale di gestione dei rifiuti radioattivi

Il principio fondamentale su cui si basa la gestione dei rifiuti radioattivi, ovvero il loro smaltimento, prevede:

  • la loro raccolta;
  • il loro successivo isolamento dall’ambiente (concentrare e trattenere) per un tempo sufficiente a far decadere la radioattività a livelli non più pericolosi per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente.

Come si svolge il ciclo di trattamento dei rifiuti radioattivi

In particolare, in Italia la gestione delle scorie e dei rifiuti radioattivi, si articola in più fasi:

  1. caratterizzazione, ovvero quella in cui vengono svolte molteplici analisi e misurazioni finalizzare a stabilire determinare le caratteristiche chimico-fisiche e radiologiche della sostanza[3];
  2. trattamento, ovvero quella in cui essi vengono sottoposti a talune operazioni tese a modificare forma fisica e/o composizione chimica, per diminuire il volume e prepararli per la successiva attività di condizionamento[4];
  3. condizionamento, mediante i quali essi è reso vengono resi idonei al trasporto, allo stoccaggio temporaneo e al conferimento[5];
  4. stoccaggio, ovvero il raggruppamento in depositi temporanei dedicati, per consentire l’attenuazione del suo contenuto radiologico, ad un livello tale da indirizzarlo alla soluzione di smaltimento più adeguata
  5. infine, lo smaltimento, che rappresenta il momento del conferimento presso un deposito, dove del rifiuto, in modo definitivo, ne viene chiuso il ciclo di vita.

Come verranno gestite le scorie radioattive

A proposito dello smaltimento e della collocazione del rifiuto radioattivo in deposito, occorre puntualizzare che il nostro paese ha innanzitutto stoccato i rifiuti all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, provenienti per:

  • la maggior parte (e quindi prodotti) dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari;
  • la minore quota dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca;

Nel futuro viene previsto il loro accumulo, in via definitiva (ovvero nel loro smaltimento) presso il c.d. “Deposito nazionale”[6], una infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i materiali radioattivi[7].

Verrà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività (Così, infatti, vengono classificati dal nostro Legislatore), che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva;

Insieme al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, nel quale si svolgeranno attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile[8].

Quali sono i volumi attuali in Italia

La maggiorparte del materiale radioattivo che può nuocere alla salute dell’uomo e dell’ambiente viene costituito dalle scorie radioattive, ovvero è originato dai residui della produzione di energia nucleare;

secondo i dati resi disponibili a riguardo delle scorie nucleari gestite da Sogin[9], la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, essi sono pari a circa 16.000 metri cubi[10];

La maggiore e rilevante entità dei rifiuti radioattivi è originata dal nostro impegno nel nucleare fra i primi in Europa.

La rilevante entità del dato origina dal fatto che, nel panorama europeo, il nostro Paese rappresenta quello che ha mosso i primi passi nell’utilizzo dell’energia nucleare.

Infatti, risale al 1958, a Latina, la costruzione della prima centrale elettronucleare (si trattava di un reattore raffreddato a gas), e successivamente, tra gli anni Sessanta e gli anni ’80 furono attivate altre tre centrali, l’ultima nel 1981, l’impianto di Caorso, giungendo complessivamente a quattro centrali installate e funzionanti.

Nel novembre 1987, tuttavia, con un referendum gli italiani si espressero a larga maggioranza in favore di tre quesiti che fissavano delle restrizioni all’attività nucleare.

A seguito di questo referendum il Governo italiano decise di fermare il primo di questi, quello di latina (un altro, quello di Garigliano era già fermo, per un guasto, dal 1978), e nel 1990 venne presa anche la decisione definitiva di disattivare gli impianti di Trino e Caorso.

Da quel momento in avanti, è sorta l’esigenza di:

  • mantenere in sicurezza dell’impianto;
  • allontanare il combustibile nucleare esaurito;
  • decontaminare e smantellare le installazioni nucleari;
  • opportunamente gestire e mettere in sicurezza le scorie.

, ovvero, di avviare le c.d. operazioni di “decommissioning”, l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare, che prevede, per il nostro Paese, da ultimo, il loro trasferimento in luogo sicuro, individuato nel c.d. “Deposito Nazionale”[11].

Per vedere la puntata

https://www.rainews.it/tgr/rubriche/leonardo/video/2023/12/TGR-Leonardo-del-15122023-2d0f4350-1be6-4c87-af52-cee0dcdb2499.html

Per vedere l’intervista

https://lnkd.in/dnZhRVmY


[1] Nell’ambito della c.d. “medicina nucleare”, è possibile che talune applicazioni comportino l’utilizzo di tale materiale. E’ il caso di quelle diagnostiche (ad esempio, varie sostanze radioattive sono utilizzate per diagnosticare alcune patologie, in quanto sono in grado di fornire informazioni utili all’elaborazione di immagini), terapeutiche (ad esempio, in talune terapie vengono impiegati radiofarmaci per distruggere le cellule cancerogene); di ricerca (ad esempio per lo svolgimento di talune analisi di laboratorio finalizzate alla produzione dei radiofarmaci e alla definizione ottimale dei loro dosaggi vengono impiegati materiali di questo tipo).

[2] Nello svolgimento di attività industriale, spesso per mezzo di sorgenti sigillate, si dà luogo a radioattività (i.e.: gammagrafia industriale, irraggiamento, ecc…).

[3] La caratterizzazione viene attuata lungo varie fasi del ciclo di vita del rifiuto radioattivo, ordinatamente per: a) definire le modalità di trattamento e condizionamento; b) monitorare l’andamento del processo; c) verificare la correttezza dei trattamenti e del condizionamento eseguiti sul rifiuto.

[4] Il trattamento da effettuare dipende dalle caratteristiche del rifiuto: forma fisica e geometrica, tipo di materiale, contenuto radiologico e chimico.

[5] Ciò prevede cementazione (utilizzando malte cementizie tecnologicamente avanzate e ciascuna adeguata alle specifiche caratteristiche del rifiuto da condizionare), e le relative modalità variazione in funzione delle caratteristiche chimiche e radiologiche del rifiuto.

[6] Il Deposito Nazionale sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.

[7] Il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico. All’interno dei 110 ettari del Deposito Nazionale, in un’area di circa 10 ettari, sarà collocato il settore di smaltimento per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e in un’area di circa 10 ettari i quattro edifici di stoccaggio per i rifiuti radioattivi a media e alta attività. I rimanenti 90 ettari sono destinati alle aree di rispetto, agli impianti per la produzione delle celle e dei moduli, all’impianto per il confezionamento dei moduli, agli edifici per il Controllo Qualità, Analisi radiochimiche, e per i servizi a supporto delle attività. Esso sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN. Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale.

[8]Sarà un polo di attrazione per l’innovazione scientifica e tecnologica nell’industria e un richiamo per un’occupazione qualificata.

[9] Le quali provengono dagli otto siti nucleari attivi in Italia fino al termine degli anni ’80 (con riferimento alle centrali di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta)), dall’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria) e dai tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera)), e dal reattore ISPRA-1 situato nel complesso del Centro Comune di Ricerca (CCR) della Commissione Europea di Ispra (Varese).

[10] Sogin precisa che i suddetti quantitativi, variano di anno in anno col progredire del mantenimento in sicurezza, del decommissioning e delle modalità di condizionamento dei rifiuti pregressi.

[11] Si tratta del luogo fisico deputato ad accogliere tali rifiuti. A al proposito, il 30 dicembre del 2020, la Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare, ha ricevuto il nullaosta del Governo ed il successivo 5 gennaio 2021, ha provveduto a pubblicare sul sito web https://www.depositonazionale.it/ la documentazione completa, il progetto e la carta dei luoghi, tenuta dal 2015 sotto riservatezza assoluta con minaccia di sanzioni penali per chi ne rivelasse dettagli. Viene progettato al fine di contenere il rilascio indesiderato di materiale in grado di arrecare danno all’uomo e all’ambiente, e verrà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN. Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale.  Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati, detti manufatti. Nelle celle verranno sistemati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività. Una volta completato il riempimento, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, che rappresenterà un’ulteriore protezione e permetterà un’armonizzazione dell’infrastruttura con l’ambiente circostante.  In un’apposita area del deposito, sarà realizzato un complesso di edifici idoneo allo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività, che resteranno temporaneamente al Deposito, per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico. Le barriere ingegneristiche del Deposito Nazionale e le caratteristiche del sito dove sarà realizzato garantiranno l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente.

Unione europea: via libera definitive alle “obbligazioni verde” (“Green bond”)

Finalmente la Comunità Europea da il via al meccanismo dei prestiti obbligazionari “verdi” (I c.d. “green bond”).

I green bond

Con il voto del Consiglio Ue del 24 ottobre 2023 arriva il via libera definitivo alla proposta di regolamento che definisce il quadro per le obbligazioni verdi certificate Ue. Vediamo di cosa si tratta e quali sono le implicazioni per il mercato.

Cosa sono

Si tratta di strumenti finanziari emessi da enti pubblici o privati per raccogliere fondi per progetti e iniziative che hanno un impatto positivo sull’ambiente. Questi strumenti finanziari sono progettati per promuovere l’investimento in progetti a basso impatto ambientale o che contribuiscono in modo significativo alla sostenibilità.

Le principali caratteristiche

Queste sono tra le principali caratteristiche delle “obbligazioni verdi”:

  • Scopo ambientale: I proventi dei green bond devono essere utilizzati per finanziare progetti che promuovono la sostenibilità ambientale. Ciò può includere progetti legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, alla gestione sostenibile delle risorse idriche, al trasporto sostenibile e molto altro.
  • Standard di certificazione: Gli emittenti di green bond sono spesso tenuti a seguire standard di certificazione riconosciuti a livello internazionale, come le Green Bond Principles (Principi dei green bond) dell’International Capital Market Association (ICMA) o i Climate Bonds Standards.
  • Trasparenza: Gli emittenti di green bond devono fornire informazioni chiare sulle finalità e l’allocazione dei proventi, consentendo agli investitori di valutare come i fondi vengono utilizzati per scopi ambientali.
  • Monitoraggio e reporting: Gli emittenti di green bond devono spesso impegnarsi a monitorare e riportare regolarmente sull’andamento dei progetti finanziati, dimostrando l’efficacia degli investimenti nel raggiungere obiettivi ambientali.
  • Diversificazione degli investitori: I green bond possono attirare un’ampia base di investitori, compresi coloro che mirano a combinarli con obiettivi di responsabilità sociale d’impresa (ESG) o a sostenere progetti sostenibili.
  • Gli investitori nei green bond possono guadagnare interesse sugli investimenti e allo stesso tempo contribuire a promuovere la sostenibilità ambientale. Gli emittenti di green bond, d’altra parte, possono accedere a finanziamenti per progetti sostenibili e dimostrare il loro impegno verso la responsabilità ambientale.

È importante notare che il mercato dei green bond è in costante evoluzione e le regole e le pratiche possono variare a seconda del paese e dell’ente emittente. Tuttavia, l’obiettivo principale dei green bond rimane quello di incentivare gli investimenti sostenibili per affrontare le sfide ambientali globali.

Cosa richiede la Comunità

Con la proposta di regolamento, viene ad essere regolamentato l’uso della denominazione “European green bond” o “EuGB”, in tal senso da applicare alle obbligazioni emesse per finanziare obiettivi di sostenibilità ambientale.

Il “marchio” consentirà al mercato di associare i titoli obbligazionari targati Ue agli obiettivi di sostenibilità ambientale nell’ottica della Strategia dell’Unione per finanziare la crescita sostenibile e la transizione verso un’economia climaticamente neutra al 2050.

Gli obiettivi delle obbligazioni verdi

È quello di essere investiti in attività economiche allineate alla tassonomia dell’Ue ex regolamento 2020/852/Ue (elenco delle attività “sostenibili”) a condizione che i settori interessati ne siano già coperti.

Tuttavia, per i settori non ancora coperti dalla tassonomia dell’Unione e per alcune attività molto specifiche ci sarà un cuscinetto di flessibilità (flexibility pocket”) del 15% per investimenti “non allineati”.

Le misure per evitare il fenomeno del greenwashing

Per evitare il greenwashing nel mercato delle obbligazioni verdi in generale, il regolamento prevede anche alcune prescrizioni in materia di informativa volontaria per altre obbligazioni ecosostenibili e obbligazioni legate alla sostenibilità emesse nell’Ue; quindi, quelle non “targate” come obbligazioni Ue.

ISPRA: convegno e visita guidata all’orto botanico di Roma

Interessante iniziativa di ISPRA nell’ambito della costruzione del Network Nazionale della Biodiversità. Si terrà il prossimo martedì 24 ottobre, presso l’Orto Botanico, Largo Cristina di Svezia, 23 A – Roma, alle ore 9.30, un convegno nell’ambito dello sviluppo del “Network Nazionale della Biodiversità”. Programma e modalità di partecipazione.

Il tema

Nell’ambito dell’attività di promozione della diffusione delle conoscenze sulla biodiversità tramite piattaforme web e sistemi informativi, ISPRA promuove un incontro finalizzato alla presentazione di NNB quale strumento in grado di facilitare la realizzazione di flussi di raccolta dati nel rispetto dei principali standard internazionali di interoperabilità tecnologica e semantica e di accessibilità e riuso.

Saranno presentati casi d’uso di NNB a supporto di attività istituzionali, di progetti internazionali e nazionali e di iniziative di Citizen science.

Il contesto: la strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030

Si tratta di uno degli impegni assunti nell’ambito della “Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030”, il documento strategico nazionale volto a garantire la conservazione e l’utilizzazione durevole della diversità biologica in Italia.

Dalla sua implementazione ad oggi, il Network Nazionale della Biodiversità (NNB), l’infrastruttura tecnica gestita da ISPRA per conto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), secondo moderni parametri di condivisione e visualizzazione dei dati, permette di rendere accessibili i contenuti delle banche dati fornite dagli enti deputati al monitoraggio della biodiversità e rappresenta un valido strumento per la condivisione di conoscenze sul tema.

Sarà affrontato il tema del coinvolgimento dei cittadini e saranno esposte esperienze maturate nell’ambito di percorsi di educazione e formazione ambientale.

L’incontro è finalizzato alla presentazione di NNB quale strumento in grado di facilitare la realizzazione di flussi di raccolta dati nel rispetto dei principali standard internazionali di interoperabilità tecnologica e semantica e di accessibilità e riuso. Saranno presentati casi d’uso di NNB a supporto di attività istituzionali, di progetti internazionali e nazionali e di iniziative di Citizen science.

Le coordinate

Si terrà il 24 Ottobre 2023, dalle 9 alle 16.30, presso l’Orto Botanico di Roma.

Il programma

Vedi: https://www.isprambiente.gov.it/files2023/eventi/nnb/programma.pdf

Direttiva RED III in rampa di lancio

La direttiva RED III è stata aggiornata. Si tratta di un importante passaggio verso l’indipendenza energetica dell’Unione europea, con numerose prescrizioni che interessano il rilancio e l’ulteriore sviluppo della produzione di energia a partire da fonti rinnovabili. Le principali novità.

L’intervento del Consiglio della UE

Il Consiglio della UE ha recepito il testo della Direttiva sulle energie rinnovabili (c.d. “RED III”) lo scorso lunedì 9 ottobre.

Questa revisione legislativa fa parte del pacchetto “Pronti per il 55% – Fit for 55”, che adatta la legislazione UE esistente in materia di clima ed energia per raggiungere il nuovo obiettivo dell’UE di una riduzione minima del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 (REDIII).

Tali obiettivi sono stati ulteriormente innalzati nell’ambito del pacchetto REPowerEU, volto a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili dalla Russia in seguito alla guerra contro l’Ucraina.

Adottando questa legislazione, il Parlamento risponde alle aspettative dei cittadini espresse nelle varie proposte effettuate, e delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa volte ad accelerare la transizione verde dell’UE, in particolare attraverso: l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili; la riduzione della dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas attraverso progetti di efficienza energetica e l’espansione dell’offerta di energia pulita e rinnovabile; il miglioramento della qualità e dell’interconnettività dell’infrastruttura elettrica; l’investimento in tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, come la produzione e l’uso efficienti dell’idrogeno verde; e l’esplorazione di nuove fonti di energia ecocompatibili e di nuovi metodi di stoccaggio.

L’iter

Dopo il trilogo con le altre istituzioni comunitarie coinvolte, e la relativa confermata del Parlamento vengono ora fissati obiettivi specifici per il settore dei trasporti, degli edifici e dell’industria.

La legislazione è stata approvata con 470 voti favorevoli, 120 contrari e 40 astensioni.

I principali punti di riforma

Gli obiettivi della UE sono ambiziosi: l’Europa dovrà salire al 42,5% dei consumi dell’UE entro il 2030 da energie rinnovabili, e dovrà ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia dalla Russia. Sono previsti:

  • Procedure di approvazione più rapide per i nuovi impianti, ed in particolare sono contemplate talune zone geografiche di
  • Ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia dalla Russia

Con la Direttiva, che dovrà essere recepita dai Membri della UE:

  • viene prevista la facoltà, a favore di questi, di rilasciare garanzie di origine ai produttori.
  • viene prevista la possibilità, al verificarsi di talune condizioni, di procedure autorizzative accelerate a seconda della zona geografica;

Si precisa che lo snellimento delle procedure riguarda le concessioni di permessi per nuovi impianti di energia rinnovabile, come pannelli solari e centrali eoliche, o per l’adeguamento di quelli esistenti.

In particolare, in merito alle zone “accelerate”, le autorità nazionali non potranno impiegare più di 12 mesi per autorizzare la costruzione di nuovi impianti di energia rinnovabile situati nelle cosiddette “zone di riferimento per le energie rinnovabili”.

Al di fuori di queste zone, la procedura non potrà superare i 24 mesi.

Nel settore dei trasporti, la diffusione delle rinnovabili dovrebbe portare a una riduzione del 14,5% delle emissioni di gas serra entro il 2030, grazie a una quota maggiore di biocarburanti avanzati e a una quota più ambiziosa di carburanti rinnovabili di origine non biologica, come l’idrogeno.

I deputati hanno anche chiesto agli Stati membri di fissare un obiettivo indicativo per le tecnologie innovative pari ad almeno il 5% della capacità di energia rinnovabile di nuova installazione, nonché un quadro vincolante per i progetti energetici transfrontalieri. Infine, le nuove misure vanno a sostegno dell’uso della biomassa, ma garantendo che l’UE non sovvenzioni tecnologie non sostenibili. Infatti, la raccolta di biomassa dovrà essere effettuata in modo da evitare impatti negativi sulla qualità del suolo e sulla biodiversità.