Un decalogo della sostenibilità: suggerimenti per le imprese che intendono diventare “green”

Realizzare la sostenibilità ambientale per un’impresa, in tempi moderni, si può tradurre nella capacità di implementare, all’interno della propria struttura, un modello di economia circolare. Indipendentemente dai principi applicati, deve essere in grado di assicurare l’utilizzazione delle materie prime seconde recuperate dai rifiuti, in luogo delle materie prime vergini. Pubblicato su “Verità ed Affari” dello scorso giovedì 27 maggio 2022, Stefano Sassone evidenzia i principi chiave sui quali le imprese dovrebbero basare la loro strategia produttiva verso uno sviluppo sostenibile.

Le dieci proposte

Ciò premesso, si può tentare di offrire un decalogo dei driver della sostenibilità, per cui un’impresa diviene tale quando:

1.            Realizza processi produttivi in grado di produrre la minore quantità dei rifiuti: si presuppone che, in tal modo, i suoi processi produttivi vengano attuati mediante il minore impiego possibile di risorse.

2.            Differenzia correttamente i propri rifiuti: così facendo, evita forme di inquinamento e ne consente l’opportuna valorizzazione.

3.            Realizza una produzione basata sull’Eco-design: grazie a tale criterio, le imprese danno luogo a beni e servizi, che, una volta utilizzati, originano la minore quantità possibile di rifiuti lungo l’intero ciclo di vita dello stesso.

4.            Certifica la qualità ambientale processi: accrescimento del prestigio aziendale, maggiore visibilità nelle trattative commerciali, maggior controllo dei processi aziendali e minori costi, costituiscono i principali obiettivi perseguiti nell’ottenimento della certificazione.

5.            Implementa i principi dell’efficienza energetica: l’Impiego di fonti di energia rinnovabili rappresenta in tal senso non solo un veicolo ideale per sostenere meno costi, poiché significa elevato e tangibile impegno in termini di sostenibilità.

6.            Adotta sistemi che consentono di evitare l’imputazione della responsabilità amministrativa “231”: questa, infatti, può essere attribuita anche per reati di naturale ambientale; ne segue che, nella realizzazione di un modello gestione esimente tali responsabilità, per evitare la commissione degli stessi, deve uniformare le procedure aziendali per evitare le stesse, implementando, in tale modo, seppure in via indiretta, comportamenti improntati necessariamente alla sostenibilità.

7.            Consente, con i propri prodotti e servizi, di realizzare il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti, così come di quelle future: con la propria attività, deve garantire “equità distributiva”, ovvero l’allocazione delle risorse determinata dal sistema economico tale da consentire la soddisfazione dei bisogni agli individui, sia quelli appartenenti a generazioni diverse (“equità intergenerazionale”) sia quelli appartenenti alla medesima (“equità intragenerazionale”). 

8.            Garantisce giustizia e uguaglianza nel trattamento dei dipendenti: i processi realizzati non devono riguardare i meri aspetti produttivi, poiché efficienza ed efficacia degli stessi passano anche attraverso il rispetto del personale impiegato in azienda.

9.            Stabilisce la propria carbon footprint (CFP): definendo l’entità delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente all’output realizzato, un’organizzazione comprende dove migliorare le proprie prestazioni, per evitare la commissione di danni all’ambiente e all’uomo.

10.          Comunica, all’esterno, il proprio impegno per l’ambiente: ciò serve anche ad orientare i comportamenti delle parti coinvolte verso l’acquisizione di una maggiore sensibilità verso tali problematiche.

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