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Progettazione ecologica: procede l’iter per la revisione della Direttiva

L’ecodesign si qualifica come strumento indispensabile per l’applicazione del principio di prevenzione della produzione dei rifiuti, previsto in capo a quelli individuati dalla Comunità Europea. La UE, pertanto, nell’intento di rafforzare il principio, procede spedita per l’ammodernamento della Direttiva esistente e metterla al passo con i tempi.

L’iter procedurale

Per comprendere il profilo dell’intervento normativo, è necessario dapprima comprendere di cosa si parla quando si tratta del processo decisionale unionale, e, soprattutto, che cos’è la progettazione ecologica.

In merito al primo aspetto si sottolinea come diversi soggetti prendano parte al processo decisionale, ed in particolare il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, con la Commissione che propone nuovi atti legislativi e successivamente il Parlamento e il Consiglio li adottano, con la puntualizzazione che l’iter si svolge internamente al Consiglio.

La Commissione, poi, effettua le valutazioni in merito alle azioni dell’UE, ed in particolare che  conseguano i loro obiettivi con la massima efficienza, ovvero gli effetti attesi ed effettivi delle politiche, della legislazione e di altre misure importanti, e coinvolge cittadini e parti interessate in ogni fase del ciclo politico, dalla pianificazione alla proposta fino all’attuazione, al riesame e alla successiva revisione.

Infine, gli strumenti normativi sono diversi, dal Regolamento (atto giuridico a carattere vincolante che si applica direttamente in tutti gli Stati membri: non ha bisogno di essere recepito nell’ordinamento nazionale degli Stati membri, anche se talvolta è necessario modificare la legislazione nazionale affinché non sia in contrasto con il regolamento in questione), alla Decisione (che può essere indirizzata agli Stati membri, a gruppi di persone o persino a singoli cittadini ed è vincolante in ogni sua parte. Le decisioni sono prese, ad esempio, per le proposte di fusioni tra imprese), alla Raccomandazione e ai pareri (che consentono alle istituzioni dell’UE di rendere nota agli Stati membri, e in alcuni casi a singoli cittadini, la propria posizione, che non è vincolante e non determina alcun obbligo giuridico a carico della persona fisica o giuridica destinataria), passando per la Direttiva.

Proprio quest’ultima impone agli Stati membri, o a un gruppo di Stati membri, di realizzare un determinato obiettivo, e solitamente acquistano efficacia solo dopo essere state trasposte nell’ordinamento nazionale: ai fini del tema qui trattato, occorre evidenziare che l’atto precisa il risultato da conseguire, ma spetta ai singoli Stati membri decidere con quali modalità conseguirlo.

La progettazione ecologica

La progettazione ecologica, anche nota come design ecologico o design sostenibile, è un approccio al processo di progettazione che tiene conto degli impatti ambientali e cerca di ridurre al minimo l’uso delle risorse naturali, l’inquinamento e gli effetti negativi sull’ecosistema. L’obiettivo principale della progettazione ecologica è quello di creare prodotti, edifici e sistemi che siano ecologicamente sostenibili, socialmente responsabili ed economicamente vantaggiosi.

La progettazione ecologica incorpora una serie di principi e strategie per raggiungere questi obiettivi. Alcuni dei principi chiave includono:

Ciclo di vita completo: considerare l’intero ciclo di vita di un prodotto, dall’estrazione delle materie prime, alla produzione, all’uso e alla fine della vita. Ciò implica la progettazione per la riduzione dei rifiuti, il riciclo dei materiali e l’estensione della durata del prodotto.

Efficienza energetica: progettare per ridurre il consumo energetico durante la produzione e l’uso dei prodotti. Ciò può includere l’uso di tecnologie a basso consumo energetico, il miglioramento dell’isolamento termico degli edifici e l’ottimizzazione dei sistemi di illuminazione e riscaldamento.

Utilizzo di materiali sostenibili: scegliere materiali a basso impatto ambientale, preferibilmente provenienti da fonti rinnovabili o riciclate. Ridurre l’uso di materiali tossici o dannosi per l’ambiente e promuovere l’adozione di materiali riciclabili o biodegradabili.

Design del sito: considerare l’ubicazione del progetto e il suo impatto sull’ambiente circostante. Promuovere il design orientato al trasporto pubblico, la conservazione delle risorse idriche e la protezione degli habitat naturali.

Coinvolgimento degli utenti: coinvolgere attivamente gli utenti nel processo di progettazione e fornire loro strumenti per ridurre il consumo di risorse e l’impatto ambientale durante l’uso dei prodotti o degli edifici.

La progettazione ecologica si applica a diversi settori, tra cui l’architettura, il design industriale, il design del prodotto e l’ingegneria. Con l’aumento della consapevolezza sull’importanza della sostenibilità ambientale, sempre più professionisti si impegnano nella progettazione ecologica per contribuire a un futuro più sostenibile e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente.

L’iter della proposta di regolamento sull’Ecodesign: a che punto siamo

La proposta del 30 Marzo 2022

Il tema ha recentemente suscitato l’interesse della Comunità europea.

Infatti, è stato presentato, lo scorso 30 marzo 2022, dalla Commissione europea, un pacchetto di proposte che si colloca nel quadro del Piano d’azione per l’economia circolare, adottato nel marzo 2020, per contribuire alla trasformazione dell’economia europea da un modello che si presenta, oggi, come essenzialmente lineare (“take-make-usedispose”) in un modello pienamente circolare. Gli obiettivi finali sono quelli di alleviare la dipendenza della nostra economia da energia e risorse provenienti da Paesi terzi, rendendola quindi più resiliente agli shock esterni.

In tal senso le misure oggetto del pacchetto sono quattro:

  1. una proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, accompagnata da una Comunicazione e dal Piano di lavoro 2022-2024 sulla progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica;
  2. una nuova strategia per rendere i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, tesa ad affrontare le questioni legate al ‘pronto moda’, ai rifiuti tessili e alla distruzione dei tessili invenduti e a garantire che la loro produzione avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.
  3. una terza proposta che stabilisce nuove norme volte a responsabilizzare i consumatori nella transizione verde, garantendo loro una migliore informazione sulla sostenibilità ambientale dei prodotti e una migliore protezione dal greenwashing.
  4. il pacchetto prevede una proposta che mira a promuovere il mercato interno dei prodotti da costruzione e a garantire che il quadro normativo in vigore consenta di conseguire gli obiettivi climatici e di sostenibilità.

Pertanto, la UE intende trasferire orizzontalmente le sue prescrizioni sul punto.

La Commissione Ambiente del Parlamento UE, nell’ambito della procedura legislativa, ha dato il suo ok il 14 giugno 2023 alla proposta di revisione dell’attuale direttiva “Ecodesign”, la 2009/125/Ce.

I principali tag della proposta sono, in merito ai prodotti:

  • durata;
  • facile riparazione;
  • riciclo efficiente.

Il testo è in procinto di essere votato dalla seduta plenaria del Parlamento europeo a luglio, aprendo così la strada ai negoziati tra le Istituzioni per l’accordo su un testo comune.

Dalla Direttiva andranno ad originare una serie di regolamenti specifici relativi alle singole filiere di prodotti, utili a stabilire le informazioni da fornire ai consumatori (nel caso mediante apposita etichettatura), ed in particolare, secondo quanto proposto dalla Commissione europea per i flussi oggetto dei regolamenti delegati, dovrà essere data priorità a:

  • detergenti;
  • vernici;
  • lubrificanti;
  • prodotti tessili (in particolare indumenti e calzature);
  • mobili;
  • pneumatici;
  • ferro;
  • acciaio;
  • alluminio;
  • prodotti chimici.

Il principale contenuto del nuovo provvedimento

Esso sostituirà la direttiva sopra richiamata, dove verranno introdotti:

  1. obblighi per i produttori di prodotti (affinché con la progettazione evitino l’obsolescenza programmata, rendano disponibili aggiornamenti nel caso di vendita di software, mettano a disposizione pezzi di ricambio e accessori per un periodo adeguato);
  2. indicazioni in merito alla riparabilità, per cui i prodotti dovranno essere facili da riparare e i consumatori dovranno accedere alla documentazione per la riparazione. Previsto un divieto specifico di distruzione dei prodotti tessili e delle calzature invenduti, nonché delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Un decalogo della sostenibilità: suggerimenti per le imprese che intendono diventare “green”

Realizzare la sostenibilità ambientale per un’impresa, in tempi moderni, si può tradurre nella capacità di implementare, all’interno della propria struttura, un modello di economia circolare. Indipendentemente dai principi applicati, deve essere in grado di assicurare l’utilizzazione delle materie prime seconde recuperate dai rifiuti, in luogo delle materie prime vergini. Pubblicato su “Verità ed Affari” dello scorso giovedì 27 maggio 2022, Stefano Sassone evidenzia i principi chiave sui quali le imprese dovrebbero basare la loro strategia produttiva verso uno sviluppo sostenibile.

Le dieci proposte

Ciò premesso, si può tentare di offrire un decalogo dei driver della sostenibilità, per cui un’impresa diviene tale quando:

1.            Realizza processi produttivi in grado di produrre la minore quantità dei rifiuti: si presuppone che, in tal modo, i suoi processi produttivi vengano attuati mediante il minore impiego possibile di risorse.

2.            Differenzia correttamente i propri rifiuti: così facendo, evita forme di inquinamento e ne consente l’opportuna valorizzazione.

3.            Realizza una produzione basata sull’Eco-design: grazie a tale criterio, le imprese danno luogo a beni e servizi, che, una volta utilizzati, originano la minore quantità possibile di rifiuti lungo l’intero ciclo di vita dello stesso.

4.            Certifica la qualità ambientale processi: accrescimento del prestigio aziendale, maggiore visibilità nelle trattative commerciali, maggior controllo dei processi aziendali e minori costi, costituiscono i principali obiettivi perseguiti nell’ottenimento della certificazione.

5.            Implementa i principi dell’efficienza energetica: l’Impiego di fonti di energia rinnovabili rappresenta in tal senso non solo un veicolo ideale per sostenere meno costi, poiché significa elevato e tangibile impegno in termini di sostenibilità.

6.            Adotta sistemi che consentono di evitare l’imputazione della responsabilità amministrativa “231”: questa, infatti, può essere attribuita anche per reati di naturale ambientale; ne segue che, nella realizzazione di un modello gestione esimente tali responsabilità, per evitare la commissione degli stessi, deve uniformare le procedure aziendali per evitare le stesse, implementando, in tale modo, seppure in via indiretta, comportamenti improntati necessariamente alla sostenibilità.

7.            Consente, con i propri prodotti e servizi, di realizzare il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti, così come di quelle future: con la propria attività, deve garantire “equità distributiva”, ovvero l’allocazione delle risorse determinata dal sistema economico tale da consentire la soddisfazione dei bisogni agli individui, sia quelli appartenenti a generazioni diverse (“equità intergenerazionale”) sia quelli appartenenti alla medesima (“equità intragenerazionale”). 

8.            Garantisce giustizia e uguaglianza nel trattamento dei dipendenti: i processi realizzati non devono riguardare i meri aspetti produttivi, poiché efficienza ed efficacia degli stessi passano anche attraverso il rispetto del personale impiegato in azienda.

9.            Stabilisce la propria carbon footprint (CFP): definendo l’entità delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente all’output realizzato, un’organizzazione comprende dove migliorare le proprie prestazioni, per evitare la commissione di danni all’ambiente e all’uomo.

10.          Comunica, all’esterno, il proprio impegno per l’ambiente: ciò serve anche ad orientare i comportamenti delle parti coinvolte verso l’acquisizione di una maggiore sensibilità verso tali problematiche.

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Utilizzo responsabile della plastica: pubblicata la prassi UNI

Con una comunicazione effettuata sul proprio sito, in occasione della giornata mondiale della Terra, UNI rende noto di aver posto in consultazione la la nuova Prassi di Riferimento UNI/PdR 117:2022 “Linee guida per l’utilizzo responsabile della plastica”.

Il tema

La prassi origina senza dubbio dalle numerose criticità che un uso non corretto dei prodotti costituiti da tale materiale, una volta divenuti rifiuti, possono generare nei confronti dell’umanità e dell’ambiente.

Come sottolineato nella comunicazione, sebbene il materiale di largo impiego nella nostra vita quotidiana, la plastica abbia contribuito, offrendo soluzioni innovative, ai bisogni provenienti dalla società grazie alla sua versatilità, economicità e durabilità, l’impatto che questo materiale può avere sull’ambiente è decisamente rilevante

Da qui l’esigenza di un uso corretto e responsabile della plastica, con particolare attenzione alle buone pratiche di raccolta, selezione e riciclo della stessa, in armonia con il concetto di Green Economy e di economia circolare.

I dati sulla produzione di rifiuti plastici

UNI denota come:

  • nel nostro Paese siano stati generati globalmente circa 5 milioni di rifiuti di materie plastiche di cui il 42% è stato avviato al recuperato meccanico, il 35% alla valorizzazione mediante il recupero energetico e il 23% è stato conferito in discarica.
  • il settore sia fortemente impegnato nello sviluppo di tecnologie di riciclo chimico[1] che in futuro verranno utilizzate in modo complementare a quelle di riciclo meccanico per aumentare la capacità di riciclo e raggiungere gli obiettivi preposti.

La creazione della prassi

Tutto ciò premesso, numerose organizzazioni hanno promosso la realizzazione di una roadmap ben definita che permetta di comunicare in modo chiaro agli stakeholder il proprio percorso virtuoso, articolato nel tempo, per una progressiva scelta consapevole degli articoli e materiali al fine di ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività fondato su basi scientifiche e incontrovertibili.

La prassi di riferimento può essere utilizzata per applicare un sistema di gestione per l’utilizzo responsabile della plastica, che può essere certificato da organismi di valutazione della conformità di terza parte operanti secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021.

Il contenuto del documento

Cosa contiene la prassi?

Innanzitutto le modalità per identificare il contesto in cui opera l’organizzazione e il campo di applicazione del sistema di gestione e illustra come l’impegno della Direzione debba esplicitarsi in politiche e obiettivi per l’utilizzo responsabile della plastica e quali siano gli elementi a supporto del sistema di gestione.

Successivamente le attività di pianificazione e controllo delle fasi di acquisto, utilizzo e conferimento e fornisce gli elementi per la valutazione delle prestazioni e per il miglioramento continuo del sistema di gestione.

Per maggiori informazioni

Si ricorda che la UNI/PdR 117:2022 è liberamente scaricabile dal Catalogo UNI (previa registrazione).


[1] L’introduzione delle tecnologie di riciclo chimico sarà importante anche per minimizzare il ricorso all’incenerimento e consentiranno praticamente di eliminare lo smaltimento in discarica.

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UE: al via la Direttiva sulle emissioni industriali

Con una proposta rilasciata dalla Commissione Europea sono partiti i lavori di revisione della Direttiva sulle emissioni industriali.

Il tema

La Commissione ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali.

L’obiettivo è quello di aggiornare il framework normativo, in relazione a quanto indicato nella pianificazione comunitaria riguardante il Green Deal europeo.

Le direzioni della proposta

In particolare, la Commissione europea intende:

  • un rafforzamento delle norme concernenti il rilascio delle autorizzazioni, con valori limite di emissione degli inquinanti più severi; valutazioni concernenti la fattibilità del raggiungimento delle migliori prestazioni; e norme in materia di deroghe rafforzate;
  • l’istituzione di un centro di innovazione per la trasformazione e le emissioni industriali, volto ad aiutare l’industria ad individuare soluzioni per ridurre l’inquinamento;
  • maggiore attenzione all’efficienza e al riutilizzo dell’energia, dell’acqua e delle risorse materiali, così come la promozione dell’uso di prodotti chimici più sicuri e meno tossici (o non tossici) nei processi industriali, nonché un aumento delle sinergie tra “disinquinamento” e decarbonizzazione.
  • Si propone, inoltre, che le nuove norme vengano applicate ad una platea di impianti più ampia, estendendo lo strumento ad un maggior numero di allevamenti intensivi su vasta scala e includendo le imprese attive nel settore dell’estrazione di metalli e minerali industriali e della produzione di batterie su larga scala. Infine, la proposta intende aumentare i livelli di trasparenza e la partecipazione pubblica al processo. A tal proposito, il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti diventerà un portale sulle emissioni industriali nell’UE. 

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UE: approvato l’ottavo programma di azione ambientale

Adottato lo scorso 29 marzo 2022 dal Consiglio dell’Unione europea, servirà da guida per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche ambientali europee fino al 2030.

Di cosa si tratta

Il programma di azione per l’ambiente (PAA) stabilisce un quadro per lo sviluppo generale della politica ambientale dell’UE e guida il processo decisionale attraverso la definizione di priorità, visioni e obiettivi a lungo termine. Nell’ottobre 2020 la Commissione ha adottato una proposta di decisione relativa a un programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030, per dare seguito al settimo PAA, scaduto alla fine del 2020.

Durante la tornata di luglio 2021, il Parlamento europeo ha votato la proposta e definire la sua posizione per i negoziati del trilogo.

A dicembre 2021 la Commissione aveva accolto con favore l’accordo provvisorio raggiunto recentemente tra il Parlamento europeo e il Consiglio sull’ottavo programma d’azione per l’ambiente, sottolineando come il Piano sancisce l’impegno degli Stati membri e del Parlamento per un’azione ambientale e climatica fino al 2030, guidata da una visione a lungo termine fino al 2050 del benessere per tutti, pur rimanendo entro i limiti del pianeta, basandosi, altresì, sull’Accordo verde europeo.

Il contesto

Stando alla relazione sullo stato dell’ambiente dell’Agenzia europea dell’ambiente, l’UE si trova confrontata

a sfide ambientali urgenti e senza precedenti e non realizzerà i suoi obiettivi per il 2030 e la sua visione a

lungo termine di “vivere bene entro i limiti del nostro pianeta” a meno che nel prossimo decennio non

intensifichi e acceleri gli sforzi volti ad affrontare la perdita di biodiversità, le conseguenze dei cambiamenti

climatici e il consumo eccessivo di risorse naturali.

Le condizioni abilitanti

Il Consiglio e il Parlamento hanno concordato diverse condizioni abilitanti per il raggiungimento degli obiettivi prioritari, in particolare:

  • diminuzione dell’impronta dei materiali e dei consumi dell’UE;
  • rafforzamento degli incentivi ambientali positivi;
  • eliminazione graduale dei sussidi ambientalmente dannosi.

Gli obiettivi prioritari

In particolare, sei sono gli obiettivi tematici prioritari del Programma, con riferimento a:

  • riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
  • adattamento ai cambiamenti climatici;
  • realizzazione di un modello di crescita rigenerativa;
  • obiettivo “inquinamento zero”;
  • protezione e ripristino della biodiversità e riduzione dei principali impatti ambientali e climatici legati alla produzione e al consumo.

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Legambiente: uno studio per evidenziare i benefici della decarbonizzazione

Legambiente, con Elemens, ha rilasciato un importante studio sul tema della decarbonizzazione in edilizia, ovvero dei benefici che verrebbero ad originare  da un minore utilizzo delle fonti fossili per la produzione di energia, argomento particolarmente in taglio in questo momento storico per il nostro Paese. Le principali evidenze della ricerca.

Perché uno studio sulla decarbonizzazione in edilizia

Il motivo è presto spiegato: per ridurre i consumi di gas e la dipendenza da gas russo fondamentale intervenire sulla prima voce di consumo in Italia, ossia il settore civile, secondo quanto emerge dal documento.

Quale la ricetta per ridurre la dipendenza energetica dall’Est Europa?

per Legambiente e Kyoto Club ciò può essere realizzato secondo due strategie:

  • migliorare l’efficientamento del parco edilizio;
  • elettrificare i consumi per il riscaldamento domestico

Secondo gli Estensori, si tratta della combinazione perfetta per:

  1. ridurre i consumi di gas, e quindi anche la dipendenza da quello russo;
  2. diminuire le emissioni climalteranti migliorando la qualità dell’aria e per alleggerire il costo della bolletta.

Le operazioni da attuare

In particolare, l’Italia dovrebbe:

  • riqualificare ogni anno il 3% del patrimonio edilizio, come prevede la nuova strategia europea Renovation Wave[1];
  • elettrificare i consumi per il riscaldamento domestico puntando sulle pompe di calore.

Il risultato pratico che si otterrebbe sarebbe:

  • una riduzione dei consumi di gas, nel giro di tre anni, ossia al 2025, di oltre 5,4 miliardi di metri cubi all’anno per arrivare al 2030 a ben 12 miliardi di metro cubi, pari al 41% delle importazioni dalla Russia;
  • un risparmio di emissioni di gas climalteranti pari a 22 milioni di tonnellate di C02;
  • un risparmio in bollette per le famiglie.

Inoltre, la riduzione del consumo di gas comporterebbe un ulteriore beneficio, legato alla riduzione degli incidenti che ogni anno avvengono legati al suo consumo. Solo nel 2019, sono stati 270 eventi con 35 decessi.

È quanto emerge in sintesi dal nuovo studio Elemens “Dal Gas alle rinnovabili. Scenari e benefici economici dalla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici” elaborato per Legambiente e Kyoto Club in cui si fa un’analisi sugli effetti che interventi di questo tipo potrebbero e avere su un breve periodo (al 2025) e al 2030 con interventi sul patrimonio edilizio a partire dalle case più energivore (Classe G) e sostituendo i sistemi di riscaldamento domestico a gas con le pompe di calore. In Italia i consumi civili valgono 32 miliardi di metri cubi ogni anno, il 43% di quelli nazionali e contribuiscono in maniera significativa a inquinare le città e a surriscaldare il Pianeta.

Il contesto

L’analisi svolta rileva che in Italia sono 17,5 milioni (su circa 26 milioni) le abitazioni che utilizzano caldaie a gas per il riscaldamento.

Per questi motivi, per Legambiente e Kyoto Club l’Italia può e deve rendere più efficaci le politiche di incentivo per le riqualificazioni edilizie visto che qui è la prima voce dei consumi in Italia – quelli per gli usi civili sono pari a 32 miliardi di metri cubi ogni anno su 76 complessivi – e secondo Enea la riduzione nel 2020 è stata di appena 0,3 miliardi di metri cubi di gas a fronte di 27 miliardi di euro di detrazioni fiscali.

Le proposte Legambiente Kyoto Club

Le soluzioni proposte partono allo stop ai sussidi ambientalmente dannosi, e proseguono con:

  1. riforma dell’econobus[2];
  2. progressiva eliminazione delle agevolazioni IVA e accise su gas entro i prossimi 3 anni[3];
  3. divieto di installazione nei nuovi interventi edilizi (2024) e nelle ristrutturazioni degli interi edifici (2027) nella prospettiva di elettrificazione e diffusione di pompe di calore integrate con fonti rinnovabili.

Gli esempi virtuosi

Nell’ambito della ricerca vengo anche citati tre casi , quello dell’Irlanda, della Francia e del Belgio (e per l’Italia, quello della Regione Sardegna), in cui vengono adottate politiche enegetiche alternative molto efficienti al fine di ridurre la dipendenza.

Per approfondire

Ulteriori approfondimenti sul documento al seguente link: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Dal-gas-alle-rinnovabili_studio-Elemens-2022.pdf

Dall’Irlanda alla Francia e al Belgio, nello studio di Elemens vengono citati anche alcuni esempi di politiche adottate all’estero da cui il nostro Paese potrebbe ispirarsi. Si va dall’Irlanda dove nel febbraio del 2020 è stato approvato un pacchetto per supportare il miglioramento delle classi energetiche degli edifici, con l’obiettivo di riqualificare energeticamente 500.000 case con classe energetica pari ad almeno la classe B2. Il supporto economico consiste nell’erogazione in conto capitale di un incentivo fino al 50% della spesa sostenuta per effettuare gli interventi, in particolare con attenzione alle persone che soffrono di povertà energetica è prevista l’intera copertura dell’intervento. Inoltre, gli interventi che possono avere un impatto maggiore nella riduzione del consumo energetico possono potenzialmente accedere ad un incentivo pari anche fino all’80% della spesa. Il piano prevede una spesa di 8 miliardi di € al 2030.

Altro esempio è rappresentato dalla Francia, che in seguito alla crisi energetica indotta dalla situazione geopolitica, ha deciso di portare a 9.000 € l’incentivo a supporto dell’installazione di pompe di calore In Belgio, il Climate Plan della regione delle Fiandre mira a rendere obbligatorio entro il 2023 la riqualificazione energetica degli edifici acquistati almeno fino alla classe D: questo intervento deve essere effettuato dall’acquirente entro i 5 anni successivi all’acquisto. Inoltre, per i nuovi edifici sarà proibito avere un riscaldamento a gas – se non in conformazione ibrida con pompa di calore – e entro il 2026 diventerà proibita anche la connessione alla rete del gas. Questo piano è sostenuto da agevolazioni fiscali e sussidi nei confronti delle pompe di calore e degli impianti ibridi.

Il caso Sardegna

Tornando in Italia, gli occhi sono tutti puntati sulla Sardegna che potrebbe diventare uno dei laboratori della transizione energetica. Come viene ricordato nello studio, la Sardegna è ad oggi l’unica regione italiana non ancora metanizzata tramite la rete nazionale. Questa condizione deve essere sfruttata come un’opportunità per sperimentare gli effetti delle politiche di elettrificazione, mettendo in abbinamento l’efficientamento degli edifici con una massiva penetrazione della generazione e autoproduzione da rinnovabili, sistemi di accumulo. La Sardegna può puntare ad essere la prima isola green del mediterraneo, puntando su efficienza e rinnovabili, riqualificazione edilizia. L’attenzione posta al tema è confermata dagli esiti del Capacity Market, che vedono come maggiori vincitori in Sardegna gli accumuli elettrici, i quali sono in grado di fornire oggi i medesimi servizi delle centrali fossili.


[1] portandolo da una performance media di consumo di energia finale termica di 136 kWh/m2/anno (media attuale tra residenziale e civile) a circa 50 kWh/m2/anno

[2] Esse ritengono opportuno passare da incentivi legati alle tecnologie al premiare interventi integrati che riducano i fabbisogni energetici degli edifici attraverso i più efficaci interventi di coibentazione, sostituzione di impianti e reti, inserimento di tecnologie per l’autoproduzione da fonti rinnovabili.

[3] Anche tenendo in conto la progressiva decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici con l’eliminazione degli incentivi per l’installazione delle caldaie a gas (2023 esclusione dal superbonus 110%, 2026 esclusione dalla detrazione del 50%).

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Disponibile on-line, su Amazon on-line shop, il secondo volume de “L’economia circolare dispiegata”, “La gestione dei rifiuti: per Aziende, Cittadini, Enti pubblici”, dedicato a chi vuole approfondire i temi dell’economia ambientale, della gestione dei rifiuti e della relativa disciplina tariffaria, sotto un profilo economico, legislativo e tributario.

E’ in libreria e sullo shop-on line di Amazon, il mio nuovo volume dedicato alle “Procedure Autorizzative Ambientali IIa Edizione. Cosa cambia con il “Semplificazioni bis” (DL n. 77/2021/)”.

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Le “Procedure Ambientali” costituisce il primo volume della nuova collana dal titolo “L’Economia circolare dispiegata”, il visibile filo rosso che lega assieme le diverse monografie che la compongono, ciascuna delle quali è stata sviluppata con l’obiettivo di evidenziare i principi cui dovrebbero essere ispirati i modi di operare di cittadini, imprese, e pubbliche amministrazioni chiamati ad implementarli, i quali possono rendere, se correttamente attuati, “circolare” il nostro sistema economico. Per acquistare la tua copia, clicca qui!