Ricerca per:
Confindustria Cisambiente in audizione alla Camera dei Deputati

L’associazione è stata audita presso la Camera dei Deputati, Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive in merito al recepimento della Direttiva SUP nel nostro Paese. Per Confindustria Cisambiente, il Direttore dell’Area Tecnica, Stefano Sassone

L’intervento

Nel corso dell’intervento, Stefano Sassone ha ribadito l’impegno di Confindustria Cisambiente per la migliore gestione dei prodotti in plastica, ed in particolare che: “La migliore gestione possibile dei prodotti in plastica, e quello che deriva dal loro utilizzo, una volta diventati rifiuti, rappresenta una delle principali problematiche che la nostra Associazione intende risolvere.  Fin dalle prime Audizioni svolte ed effettuate presso le Commissioni del Senato, segnatamente quella Ambiente, abbiamo sottolineato come senza la plastica saremmo probabilmente molto indietro con il progresso raggiunto, considerati i costi e le difficoltà nel produrre calcolatori, pc, telefoni, auto, cellulari e tantissimo altro senza l’uso delle plastiche. La multifunzionalità, la leggerezza, e il costo relativamente basso della plastica ne fanno un materiale onnipresente nella vita quotidiana, sottolineando come sia corretto l’assunto per cui, se la plastica svolge un ruolo utile nell’economia e trova applicazioni essenziali in molti settori, il suo uso sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, con particolare riferimento ai prodotti SUP, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficiente, si traduce in modelli di produzione e consumo che rischiano di essere inefficienti e lineari. Cisambiente vuole salvare il mare così come l’aria e la terra (che non cresce), e sicuramente non va semplicemente salvata da specifici materiali quanto piuttosto dall’uomo. Questo atteggiamento andrebbe fermato a prescindere da cosa viene gettato: sia plastica/bioplastica, vetro o carta, siamo certi che cambiando materiale e non atteggiamenti non si risolva nulla. Riteniamo sia necessario cambiare atteggiamento con i manufatti che passano tra le mani dell’uomo e sensibilizzarli tantissimo sull’utilizzo di certi prodotti”.

Media

Cliccare qui (da 28m30s).

Fine dell’energia prodotta da carbone: è un obiettivo raggiungibile?

Con un report rilasciato da E3G si evidenzia come la nostra economia faccia progressivamente minore ricorso al carbone per produrre energia, e ciò è avvenuto dal 2015 in avanti.

Che cos’è E3G

Si tratta di un think tank europeo indipendente sul cambiamento climatico con una prospettiva globale. Lavoriamo sulla frontiera del paesaggio climatico affrontando le barriere e avanzando le soluzioni per un clima sicuro.

Il tema del report

Nel report si evidenzia come la pipeline globale delle centrali elettriche a carbone proposte sia crollata, dall’Accordo di Parigi del 2015 in avanti, per un 76%, rendendo concreto l’obiettivo di eliminare un’economia basata sull’utilizzo delle fonti fossili, ed in particolare del carbone. 

Dal 2015, 44 governi (27 nell’OCSE e nell’UE, 17 altrove) si sono già impegnati a non utilizzare nuovo carbone, aprendo una strada per i paesi rimanenti che devono ancora agire. Troviamo che altri 40 paesi (otto nell’OCSE e nell’UE, 32 altrove) non hanno alcun progetto in fase di pre-costruzione e sono in una posizione in cui potrebbero prontamente impegnarsi per “nessun nuovo carbone”.

Guterres, Il segretario generale delle Nazioni Unite, ha chiesto “nessun nuovo (giacimento di) carbone entro il 2021”, mentre il presidente designato della COP Alok Sharma ha chiesto che la COP26 di novembre 2021 “consegni il carbone alla storia”.

La COP26 offre ai governi il momento ideale per chiudere il rubinetto delle nuove costruzioni a carbone.

A livello globale, dal 2015 sono stati cancellati 1.175 GW di progetti di energia a carbone pianificati. L’accelerazione delle tendenze del mercato si è combinata con le nuove politiche governative e la sostenuta opposizione della società civile al carbone. Il mondo ha evitato un’espansione del 56% della flotta globale totale di carbone (a giugno 2021), che sarebbe stata equivalente ad aggiungere una seconda Cina (1.047 GW) alla capacità globale di carbone.

A partire da luglio 2021, la Cina e i paesi con i prossimi cinque maggiori gasdotti pre-costruzione (India, Vietnam, Indonesia, Turchia e Bangladesh) rappresentano oltre i quattro quinti del restante gasdotto mondiale. L’azione di questi sei paesi potrebbe rimuovere l’82% del gasdotto pre-costruzione. Il restante gasdotto pre-costruzione è distribuito in altri 31 paesi, 16 dei quali hanno un solo progetto. Questi paesi potrebbero seguire lo slancio globale e molti dei loro coetanei regionali nel porre fine alla loro ricerca di nuova generazione di energia a carbone.

La dinamica all’interno dell’OCSE e dell’UE è già passata all’accelerazione del ritiro della produzione di energia a carbone esistente, con il 56% della capacità operativa chiusa già dal 2010 o prevista per la chiusura entro il 2030. La pipeline delle centrali elettriche a carbone proposte nell’OCSE e nell’UE paesi è crollato dell’85% dal 2015. I restanti progetti proposti nei paesi dell’OCSE e dell’UE costituiscono solo il 6% della pipeline globale di pre-costruzione. Australia, Colombia, Messico, Polonia e Turchia sono sotto pressione per seguire i loro colleghi dell’OCSE e dell’UE.

Rapporto della Ellen MacArthur Foundation: la rigenerazione richiede una trasformazione economica

Loss of bioversity: è questa la minaccia, la perdita di biodiversità, che pone a serio rischio nostra prosperità ma anche il nostro futuro come specie. Lo afferma la Ellen Mc Arthur Foundation, in un rapporto con il quale si evidenzia la stringente necessità di arrestare e invertire questa perdita, modificando i modelli economici prevalenti, basati su una economia puramente estrattiva.

Il tema

Si tratta di una constatazione di quanto avviene nel nostro pianeta, e delle evidenze empiriche che si stanno manifestando: la perdità di biodiversità.

Si tratta, purtroppo, di un rischio sistemico, ovvero in grado di porre una seria minaccia non solamente nel presente, ma anche il nostro futuro come specie.

Ellen McArthur richiede che, per arrestare e invertire questa perdita, si debba operamente rapidamente un cambiamento trasformativo della sua principale causa di fondo, ovvero modificare i nostri schemi di estrazione delle risorse, sin troppo lineari, ovvero ricchi di spreco e altamente inquinanti.

La fondazione definisce l’economia circolare come lo strumento in grado di realizzare uno “spostamento sismico”: infatti essa crea valore in modi che ricostruiscono la biodiversità e apportano altri benefici a tutta la società.

Si parla di oltre il 90% della perdita di biodiversità in relazione all’estrazione e alla trasformazione delle risorse naturali. Alcuni esempi:

settore alimentare: lo sgomberamento dei terreni per l’agricoltura provoca la perdita di habitat, mentre molte pratiche agricole convenzionali provocano l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali;

industria: la produzione e la trasformazione delle materie prime emettono grandi quantità di gas a effetto serra e altri inquinanti.

Le soluzioni

Per arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 dobbiamo trasformare i nostri sistemi di produzione e consumo. Come sostenuto dalla Piattaforma intergovernativa per la politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), la perdita globale di biodiversità può essere affrontata solo attraverso trasformazioni economiche, sociali e politiche.

Per approfondire

Clicca qui per leggere il rapporto