GSE: pubblicate le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici”

Sono state rese pubbliche dal GSE le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici”. Elaborato dal Gruppo di lavoro coordinato dal MITE, descrive le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico, sia per ciò che riguarda gli impianti più avanzati, che possono accedere agli incentivi PNRR, sia per ciò che concerne le altre tipologie di impianti agrivoltaici, che possono comunque garantire un’interazione più sostenibile fra produzione energetica e produzione agricola.

Gli autori della pubblicazione

Le linee sono frutto delle attività del Gruppo di lavoro coordinato dal MITE a cui hanno partecipato diversi soggetti, con riferimento a CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, GSE – Gestore dei servizi energetici S.p.A. ed RSE – Ricerca sul sistema energetico S.p.A.

Il settore agricolo: i tratti somatici

Nella pubblicazione, il GSE inquadra, in via preliminare, il settore agricolo, descrivendone le caratteristiche essenziali.

Esso si caratterizza per una forte integrazione con gli altri settori, molto spesso per contrastare il fenomeno di bassi redditi derivanti dall’attività primaria.

I dati della RICA (Rete di Informazione Contabile Agricola[1]) permettono di approfondire le variabili economiche e strutturali delle aziende agricole. Il quadro che emerge dall’analisi dei dati è quanto mai variabile e collegato a diversi fattori:

  • gli elementi territoriali;
  • la specializzazione produttiva (gli orientamenti tecnico economici – OTE);
  • la dimensione strutturale ed economica.

Gli indici di produttività presentano un’elevata variabilità relazionata ai caratteri strutturali e organizzativi della produzione e alla tipologia di specializzazione territoriale. Risalta la netta distinzione tra le circoscrizioni territoriali, in particolare, la gran parte delle regioni del Nord per livelli di produttività più alti del valore medio nazionale, e quelle del Centro e del Sud per valori a questo inferiori.

Per approfondire la valutazione della dinamica produttiva e reddituale delle aziende agricole italiane si esaminano i principali indicatori economici RICA, costruiti rapportando i parametri indicativi dei risultati di gestione con i dati strutturali concernenti l’impiego di fattori produttivi. In particolare, l’analisi della produttività considera:

  • gli indici di produttività del lavoro e della terra – ottenuti dal rapporto tra Produzione Lorda Vendibile (PLV) e, rispettivamente, Unità di Lavoro Totali (ULT) e Superficie Agricola Utilizzata (SAU) – diretti a misurare l’efficienza economica per addetto occupato a tempo pieno e per ettaro di superficie coltivata;
  • gli indici di produttività netta del lavoro e della terra, che misurano l’entità del Valore Aggiunto al netto degli ammortamenti (VA) per unità di lavoro e per ettaro di SAU;
  • la redditività aziendale, data dal rapporto tra Reddito Netto (RN)3 e unità di lavoro o ettaro di SAU, che fornisce degli indici volti a misurare la redditività netta unitaria per occupato e per ettaro di superficie aziendale.

Nel 2019, a livello nazionale i dati indicano per la produttività del lavoro un valore medio di 46.605 euro per unità di lavoro sostanzialmente stabile rispetto al triennio precedente (+0,1%); la produttività media della terra si attesta a 3.800 euro per ettaro e mostra una leggera flessione (-1,6%).

Riguardo la produttività per ettaro di superficie coltivata vi sono importanti differenze geografiche da segnalare.

Risalta infatti la maggiore entità dell’indicatore registrata in Liguria (11.654 euro), in Trentino (9.070 euro) e in Alto Adige (7.283 euro). In tali aree, l’elevata produttività per ettaro trova spiegazione nella diffusione di ordinamenti produttivi specializzati e intensivi su superfici agricole ridotte, quali ortofloricoltura, viticoltura e frutticoltura.

Nella lettura del dato ligure, va considerato il peso delle aziende ortofloricole in serra che rappresentano una quota importante dell’intero settore.

L’indice, in generale, si assesta su valori superiori al valore medio nazionale nelle regioni del Nord, eccetto che in Valle d’Aosta dove si registra la situazione opposta – e simile a quella delle regioni del Centro e del Sud – con una produttività per ettaro di poco superiore al valore più basso in assoluto, registrato per la regione Sardegna (1.128 euro).

Gli indici di produttività, pertanto, presentano un’elevata variabilità relazionata ai caratteri strutturali e organizzativi della produzione e alla tipologia di specializzazione territoriale.

L’OTE indica la specializzazione produttiva di un’azienda, ed è determinato dall’incidenza percentuale della produzione standard delle diverse attività produttive dell’azienda rispetto alla sua produzione standard totale.

L’indice reddito netto aziendale (RN) rappresenta l’insieme dei redditi che spettano all’imprenditore agricolo nonché l’indicatore economico di sintesi delle scelte tecniche, commerciali e organizzative della produzione in ambito aziendale e, pertanto, misura la capacità dell’azienda agricola di remunerare tutti i fattori produttivi utilizzati nel ciclo produttivo.

La valutazione della capacità aziendale di generare un livello di reddito tale da sostenere i costi fissi viene valutata attraverso il Valore aggiunto netto (VA) per unità di lavoro (ULT) e per ettaro di superfice (SAU). Il primo indicatore assume un valore medio nazionale di 27.511 euro (-2,0% rispetto al triennio precedente), mentre per il secondo indicatore si ha un valore medio nazionale di 2.275 euro che registra un decremento più sostenuto (-4,3% rispetto al triennio precedente). Gli andamenti negativi osservati attestano che, a fronte della stabilità del valore della produzione, l’incidenza dei costi intermedi e degli ammortamenti è stata impattante sulla gestione.

Il quadro di sintesi degli aspetti economici caratterizzanti la gestione delle aziende agricole si completa con l’analisi della redditività (RN) per unità di fattore produttivo, sempre riferiti a lavoro e terra (ULT e SAU). Nel 2019 l’indicatore del risultato ultimo della gestione aziendale a livello nazionale è stato pari a 18.121 euro per occupato (-6,4% rispetto al triennio precedente) e 1.492 euro per ettaro di SAU (-9,6%), risultati questi che in generale mettono in evidenza un peggioramento dei risultati aziendali, sebbene anche in questo caso si osservino differenze territoriali.

Un’elevata variabilità si osserva anche per la redditività della terra, che registra il valore più elevato in Trentino (5.139 euro; -15,5%), seguito dalla Liguria (4.901 euro; -2,1%). A livello di circoscrizione si rileva che le regioni del Nord, con l’esclusione della Valle d’Aosta, presentano valori superiori a quello medio nazionale, congiuntamente alla Campania e alla Calabria, quest’ultima con una redditività maggiore a quella conseguita in altre regioni tradizionalmente più performanti.

Se declinata a livello di indirizzo produttivo, l’analisi della redditività rispetto ai fattori produttivi evidenzia una marcata differenziazione nei valori medi aziendali (Fig. 1). Le aziende specializzate nell’allevamento di granivori si caratterizzano per il più elevato livello medio di redditività della terra (4.924 euro), significativamente al di sopra sia del dato medio nazionale, sia dei dati calcolati per gli altri indirizzi considerati. In genere questa tipologia di aziende tende a caratterizzarsi, oltre che per una ridotta ampiezza delle superfici aziendali – in quanto prevalentemente orientate all’attività zootecnica – anche per elevati livelli di produttività della terra e redditività del lavoro (41.517 euro), dato quest’ultimo inferiore solo al valore dell’indicatore registrato per le aziende con indirizzo bovini da latte (44.533 euro), in assoluto il più elevato livello di reddito per occupato.

Il quadro di sintesi delineato rileva che gli indirizzi granivori e bovini da latte sono caratterizzati dalle migliori

performance reddituali; a questi si affianca l’indirizzo vite, per il quale entrambi gli indici di redditività dei fattori produttivi mostrano valori superiori al relativo dato medio nazionale.

Con riferimento ai restanti indirizzi produttivi si nota che le aziende ortofloricole e quelle fruttifere presentano una discreta redditività della terra, le aziende dedite alla coltivazione di cereali e all’allevamento di altri erbivori conseguono risultati simili nonché una redditività del lavoro in linea o lievemente superiore al dato medio nazionale, mentre gli indirizzi altri seminativi, olivo e coltivazioni ed allevamento si caratterizzano per una esigua redditività del lavoro e della terra.

La misura del PNRR dedicata allo sviluppo dell’agrivoltaico

Contemporanemanete, il MITE ha dato il via alla consultazione pubblica sulla misura per la concessione dei benefici previsti dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.1 “Sviluppo Agrovoltaico” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al fine di incentivare con contributi a fondo perduto fino al 40% la realizzazione di Impianti agrovoltaici per contribuire al raggiungimento dei target nazionali in materia di energie rinnovabili e al contempo rendere più competitivo il settore agricolo, riducendo i costi di approvvigionamento energetico e migliorando le prestazioni climatiche-ambientali.

Viene precisato dal Dicastero che, rurante il periodo di consultazione pubblica le parti interessate potranno inviare osservazioni all’indirizzo di posta elettronica PEC cee@pec.mite.gov.it utilizzando il Modulo di adesione alla consultazione allegato e indicando come oggetto della mail “Consultazione M2C2 investimento 1.1 Sviluppo Agrovoltaico”.

I soggetti interessati sono invitati a rispondere entro il 12 luglio 2022.

Per maggiori informazioni

Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici:

https://www.mite.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/PNRR/linee_guida_impianti_agrivoltaici.pdf

[1] Si tratta di una indagine campionaria annuale istituita dalla Commissione Economica Europea nel 1965, con il Regolamento CEE 79/56 e aggiornata con il Reg. CE 1217/2009 e s.m.i. Essa viene svolta, in Italia a partire dal 1968, con un’impostazione analoga in tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea e rappresenta l’unica fonte armonizzata di dati microeconomici sull’evoluzione dei redditi e sulle dinamiche economico-strutturali delle aziende agricole. Per maggiori informazioni, cliccare su: https://rica.crea.gov.it/cos-e-la-rica-725.php .

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