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Agenzia Europea dell’Ambiente: è necessario ecodesign per i prodotti tessili

Recentemente l’Unione Europea, nel documento “Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling “, ha  evidenziato il potenziale inesplorato dell’attività di riciclaggio dei rifiuti tessili. Con un ulteriore studio, questa volta l’Agenzia Europea dell’Ambiente sollecita ad un miglioramento dell’Ecodesign sui prodotti, dal cui utilizzo, deriva il rifiuto composto da fibre tessili.

Lo studio “Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling”

Con “Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling”, varato lo scorso gennaio, l’Unione Europea ha illustrato le tecnologie di trattamento utilizzate, e svolto un’analisi economica di rendimento delle stesse, applicate al recupero delle fibre divenute rifiuti. In tale occasione è stato ribadito come si stiano compiendo sforzi per passare a un’economia tessile più circolare e sostenibile. A conforto:

  • sono state fornite evidenze empiriche per migliorare la conoscenza e l’efficacia delle capacità di riciclaggio dei rifiuti tessili.
  • sono state richiamate le tecnologie esistenti, sia quelle che sono applicate a livello industriale che in fase di sviluppo, relative alle diverse modalità di recupero come materia (es. riciclaggio meccanico, monomero chimico riciclaggio, riciclaggio di polimeri chimici, ecc.).
  • è stata svolta un’analisi sull’economia e sull’ efficacia ambientale di tali tecnologie di riciclaggio e stilata una tabella di marcia delle tecnologie di riciclaggio dei tessili in fase di sviluppo al fine di supportarne l’adozione industriale.

Da ultimo vengono riportate le iniziative politiche pertinenti al fine di sviluppare il potenziale dell’economia in esame, e quali sono le barriere normative da abbattere per intensificare le attività di riciclaggio dei rifiuti tessili nell’UE.

Il rapporto AEE

Invece l’Agenzia Europea per l’Ambiente, con proprio rapporto dedicato all’economia circolare relativo ai rifiuti tessili, rilasciato il 10 febbraio 2022 e recante “Tessili e ambiente: il ruolo del design nell’economia circolare europea”, fornisce un interessante aggiornamento degli impatti del ciclo di vita dei tessili sull’ambiente e sul clima.

I dati 2020

In particolare, emerge, in base all’ultimo set di dati rilevato (2020), che il consumo di tale produzione nell’ambito della Comunità presenta, occupa, in termini di impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dal punto di vista del ciclo di vita globale (dopo consumo di cibo, edilizia e mobilità), la quarta posizione assoluta. Inoltre, il settore in esame occupa, in termini di:

  • uso di talune matrici ambientali (con riferimento ad acqua e suolo) la terza posizione
  • utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra, la quinta posizione.

L’economia circolare come risorsa per ridurre impatto ambientale e uso delle risorse

Come poter migliorare tali graduatorie? La realizzazione di modelli di economia circolare nel settore tessile, rappresenta, secondo l’Agenzia, il principale strumento per contenere l’impatto del settore, in termini di

uso di talune matrici ambientali, utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra, e, di conseguenza incidere, in misura minora sui mutamenti climatici.

L’Europa deve dispiegare e favorire la creazione, anche per questo settore, un modello di business circolare, che, tra le altre cose, può essere favorito dalla progettazione ecologica dei prodotti (il c.d. “ecodesign”).

In tal senso la progettazione rispettosa dell’ambienta gioca un ruolo critico in ciascuno dei quattro percorsi verso il raggiungimento di un settore tessile circolare: longevità e durabilità; uso ottimizzato delle risorse; raccolta e riutilizzo, riciclaggio e uso dei materiali. Il 10 febbraio 2022 l’Agenzia ha anche rilasciato il Rapporto “Microplastiche dal tessile: verso un’economia circolare per il tessile in Europa” diretto a migliorare la nostra comprensione delle microplastiche rilasciate dai tessuti e identificare i percorsi per ridurre o prevenire questo rilascio.

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MITE: al via i CAM tessili

Varati lo scorso 30 giugno, lo scorso 14 settembre sono stati pubblicati e resi ufficiali i nuovi criteri ambientali minimi dedicati all’affidamento relativo alle  forniture ed il noleggio di prodotti tessili e per il servizio di restyling e finissaggio dei prodotti tessili che abrogano i CAM di pari oggetto, vale a dire l’Allegato 3 del DM 11 gennaio 2017.

I nuovi criteri

Si tratta di criteri che hanno un duplice obiettivo:

  • favorire la sostenibilità ambientale;
  • ridurre l’inquinamento causato dalla diffusione di dispositivi di protezione individuale monouso[1].

Dai dati fornite dal Ministero della Transizione ecologica emerge come, nell’ambito dei plessi scolastici, ad esempio, vengono distribuiti gratuitamente 11 milioni di mascherine monouso al giorno, che generano quotidianamente, considerato il loro peso unitario, fino a 110 tonnellate di rifiuti.

Le mascherine lavabili, da sottoporre a cicli di lavaggio ed usare secondo le indicazioni all’uopo fornite dal fabbricante, sono in grado di mantenere le necessarie proprietà filtranti per un ampio range di lavaggi, partendo da un minimo di 10, e consentono dunque una notevole riduzione del volume dei rifiuti prodotti.

Le caratteristiche principali dei nuovi CAM

Le novità introdotte dal nuovo CAM riguardano, tra le altre cose:

  • semplificazioni al sistema di verifica;
  • indicazioni per l’esecuzione delle prove di laboratorio e per la stesura dei rapporti di prova, sempre mirate ad agevolare le verifiche di conformità da parte delle stazioni appaltanti e ad armonizzare l’approccio dei test di laboratorio;
  • valorizzano tecniche di tintura a minori impatti ambientali;
  • promuovono il servizio di restyling e finissaggio dei prodotti tessili in luogo dell’acquisto di nuovi prodotti;
  • contengono criteri sociali mirati alla verifica del rispetto dei diritti umani e del diritto al lavoro dignitoso lungo le catene di fornitura, il cui utilizzo consente di ridurre significativamente il rischio che nelle forniture pubbliche possano accedere capi fabbricati sfruttando i lavoratori, con l’impiego di lavoro minorile, senza le necessarie condizioni di sicurezza, sulla base delle moderne di schiavitù.

Il MITE intende promuovere appalti per l’affidamento di questa tipologia servizi.

Ciò richiede una preliminare attività preparatoria da parte delle stazioni appaltanti, e può supportare le imprese artigiane operanti nel territorio che svolgono attività “verdi” per loro specifica natura[2]: si tratta di una iniziativa in piena sintonia con l’obiettivo di promuovere l’economia circolare e di massimizzare la durata dei prodotti,

Questi CAM non rappresentano ancora un punto di arrivo degli appalti pubblici verdi settoriali. I CAM per loro natura sono in continua evoluzione, al fine di rispondere puntualmente ai cambiamenti del mercato, ai progressi scientifici e tecnologici, nonché delle modifiche del contesto normativo. Quindi, saranno apportate lievi ma significative modifiche ai CAM tessili che, senza alcun aggravio adattativo o amministrativo per i Responsabili Unici dei Procedimenti, favoriranno il mercato dei prodotti costituiti da fibre riciclate e da sottoprodotto, in sintonia con i principi dell’economia circolare e gli indirizzi del Green Deal Europeo, per far sì che rispecchino pienamente i risultati dello stato dell’arte tecnico-scientifico utili a favorire l’accesso di prodotti realizzati con fibre, specie naturali riciclate.

[1] In ottemperanza a quanto previsto dal Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”

[2] Così come è avvenuto anche in altri settori di alcuni Paesi Nord Europei che stanno approcciando in questo modo gli appalti pubblici verdi (rectior “circolari”).

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