Green economy report: la transizione ecologica che ci salverà

Con un articolo dedicato al tema della transizione ecologica, Green economy report fa il punto della situazione sullo stato dell’arte della transizione ecologica in Italia. La cifra con cui si dovrà misurare ogni attività economica al netto di qualunque crisi è la sostenibilità. Parola di Lucia Leonessi, che spiega l’importanza di fare squadra per raggiungere questo obiettivo in ambito manifatturiero. Stefano Sassone: “Investire nell’economia circolare offre opportunità rilevanti di business e crescita occupazionale e non è semplicemente il manifesto di una maggior sensibilità nei confronti dei luoghi dove viviamo”.

Il tema

Secondo Confindustria Cisambiente, catalizzatore di imprese ad alta vocazione green, dovrà partire da questo presupposto la transizione ecologica che l’Italia è chiamata ad accelerare per reagire alla pandemia e alla guerra. Una doppia offensiva che ci ha segnato non solo dal lato umano, ma ha proiettato la questione dell’emancipazione dal gas in una dimensione emergenziale.

«In questa cruciale partita- sostiene Lucia Leonessi, Direttore generale e fondatrice di Confindustria Cisambiente – l’Europa ha dato l’impressione di tentennare rispetto all’utilizzo del rifiuto come fonte energetica: essendo la colonna della transizione ecologica di Confindustria, noi avremmo immaginato una spinta molto più decisa».

Assieme a Lucia Leonessi intervengono Fabrizio D’Epiro, vicepresidente Finanza e fiscalità Cisambiente, Stefano Sassone, Direttore Area tecnica Cisambiente e Carlo Lusi, presidente Cartambiente.

La stessa spinta avete cercato di imprimerla nei primi 5 anni di attività di Cisambiente, durante i quali rivendicate con orgoglio una serie di successi. In quali ambiti avete conseguito i più rilevanti?

Lucia Leonessi: «Il più grande successo all’inizio del nostro sesto anno di attività è aver aggregato tutta la filiera del ciclo integrato dei rifiuti dalla progettazione allo smaltimento finale alle bonifiche. Lottare gli uni al fianco degli altri in un’unica associazione si è rivelato vincente nell’ottenimento degli obiettivi. La tradizione ecologico-ambientalista è diventata il nostro stesso motore per costruire il futuro partendo dalla realizzazione di impianti nuovi, di alta tecnologia e soprattutto di prossimità. Il miglior alleato del ciclo integrato del rifiuto e dell’economia circolare è proprio la prossimità impiantistica».

Tra le alternative energetiche più evocate per tamponare il deficit  del  gas russo c’è il carbone. Che ne pensate e quali ulteriori strade può percorrere l’Italia per liberarsi da questa dipendenza?

Fabrizio D’Epiro: «In Italia nel 2020 il 55,8 per cento del carbone utilizzato dalle nostre centrali proveniva dalla Russia, va da sé che bisogna trovare fonti realmente alternative sia al gas sia al carbone. Una strada valida è certamente quella di sostituire la fonte carbonifera con il Combustibile solido secondario (Css), matrice mista di plastiche, carta e tessuto non recuperabile nei normali processi di riciclo. Una tonnellata di Css sostituisce in termini di potere calorico quasi una tonnellata di carbone e ha un costo di approvvigionamento di circa un ottavo. Confindustria Cisambiente, che al suo interno conta i maggiori produttori italiani di questa fonte, propone alle società proprietarie delle centrali a carbone di pianificarne una progressiva sostituzione con il Css».

Qual è il grado di coinvolgimento delle Pmi nella corsa verso la sostenibilità e, in ambito manifatturiero, quali settori risultano trainanti in termini di buone pratiche?

Stefano Sassone: «In Italia oggi la maggior parte delle aziende viene costituita da micro e piccole imprese. Investire nell’economia circolare offre opportunità rilevanti di business e crescita occupazionale e non è semplicemente il manifesto di una maggior sensibilità nei confronti dei luoghi dove viviamo. Nella rivoluzione verde le Pmi sono pertanto pienamente coinvolte e hanno un ruolo essenziale per realizzare la transizione ecologica di cui oggi tanto si parla. Tra i settori manifatturieri che risultano avanti in questa corsa per la sostenibilità spiccano le aziende che realizzano gli imballaggi atti a contenere, manipolare e trasportare prodotti e materie prime».

Il Pnrr pone un forte accento sulla rivoluzione verde. Quali forme di riorganizzazione green delle catene produttive sta favorendo?

Stefano Sassone: «Il Piano nazionale ripresa e resilienza ha rappresentato, ed è destinato a rappresentare per molti anni, un utile e proficuo meccanismo di finanziamento per le iniziative “verdi”. Il termine previsto per i bandi ne testimonia il forte successo, suffragato dai numeri diramati dal MiTE. Di particolare interesse è stata la volontà del dicastero di finanziare le proposte impiantistiche riguardanti l’idrogeno da umido, definita tecnicamente come frazione organica dei rifiuti solidi urbani, che mediante opportuni meccanismi di conversione consente di ottenere energia pulita dai nostri rifiuti. Tale opportunità è stata accolta dalle nostre imprese associate che hanno risposto ai bandi per l’idrogeno verde».

Il rincaro delle materie prime rende ancora più attrattivi i nuovi paradigmi circolari. Quale strategia andrà perseguita in futuro per affermare questo modello economico nelle nostre imprese?

Carlo Lusi: «Al di là della pandemia, della guerra e delle attuali speculazioni finanziarie, la cifra con cui si dovrà misurare ogni attività economica è la sostenibilità. La crisi climatica, l’aumento della popolazione mondiale e i limiti delle risorse sono dati di fatto. Il modello economico dovrà essere sempre più orizzontale, vicino, ramificato, circolare, rinnovabile, in primis in Paesi come l’Italia poveri di materie prime. La filiera del recupero e riciclo della carta è un esempio di tale nuovo modello. La globalizzazione ha mostrato la sua fragilità intrinseca e i rischi a cui espone anche le società più ricche. La sostenibilità è la “rete di sicurezza” che ci salverà dalla caduta che rischiamo seriamente di fare a breve».

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