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Qualità dell’aria: in discussione la proposta di Direttiva Comunitaria presso il Senato

E’ in corso di discussione presso la Commissione Politiche UE del Senato la proposta di direttiva sulla qualità dell’aria. Obiettivo dell’atto consiste nella garanzia di una maggior tutela sanitaria per i cittadini.

Il contenuto della Direttiva

La proposta di Direttiva UE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, in discussione la proposta di direttiva sulla qualità dell’aria, presso la Commissione Politiche UE del Senato, richiama i principi stabiliti dalla Commissione europea nel Green Deal europeo.

Gli Obiettivi

La strategia

La Comunità mira a contribuire alla realizzazione del Piano d’azione per l’inquinamento zero, ed in particolare ridurre entro il 2050 l’inquinamento atmosferico a livelli non più considerati dannosi per la salute umana e gli ecosistemi naturali.

Gli obiettivi intermedi

Sarà necessario raggiungere, in tal senso, degli obiettivi intermedi, con riferimento alla riduzione, entro il 2030,  di:

  • almeno il 55% (rispetto al 2005) degli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico (quantificati in termini di riduzione dei decessi prematuri attribuibili all’esposizione);
  • almeno il 25% di quelli sugli ecosistemi, obiettivi che potranno essere perseguiti solo se si ridurranno ancora significativamente le emissioni dei principali inquinanti.

Individuazione di standard intermedi per la qualità dell’aria

Viene predisposto un approccio graduale verso la definizione degli attuali e futuri standard di qualità dell’aria dell’UE.

In particolare:

  • verranno fissati standard intermedi per l’anno 2030;
  • verrà sviluppata una prospettiva che favorisca la possibilità di un pieno allineamento con le linee guida dell’OMS sulla qualità dell’aria entro il 2050.

Nelle sue valutazioni, aggiornate nel 2021, l’Oms non stabilisce un valore al di sotto del quale non vi sia rischio, ma individua come limite inferiore di esposizione dei valori definiti “air quality guideline level” termine che può essere inteso come “livello raccomandato a cui tendere”: è il livello più basso per il quale è stato osservato un incremento della mortalità totale, di quella per cause cardiopolmonari, e di quella per cancro del polmone, con una confidenza migliore del 95%.

Per quanto riguarda la valutazione della qualità dell’aria, viene richiesto agli Stati membri di istituire un certo numero di “supersiti” ovvero dei punti di misura dove, accanto agli inquinanti monitorati di routine, si eseguano determinazioni della composizione chimica del particolato, della distribuzione dimensionale e della concentrazione in numero delle particelle ultrafini, del black carbon, del potenziale ossidativo del materiale particolato, della concentrazione di ammoniaca, di numerosi idrocarburi policiclici aromatici. L’introduzione della misura strutturata di nuovi parametri, appare particolarmente rilevante sia per comprendere meglio le caratteristiche degli inquinanti e indirizzare al meglio le azioni di risanamento, che per approfondire gli studi relativi agli impatti sanitari delle diverse sostanze presenti in atmosfera.

L’obiettivo è di mettere in campo al più presto le misure necessarie per ridurre l’inquinamento atmosferico al di sotto dei limiti proposti, o almeno a ridurre al minimo il periodo di superamento, con la prospettiva di raggiungere il loro rispetto su tutto il territorio entro il 2030. I piani dovranno inoltre essere monitorati costantemente per verificarne l’effettiva implementazione ed aggiornati regolarmente qualora per tre anni consecutivi persista il superamento dei limiti.

La tutela sanitaria dei Cittadini

Altro importante obiettivo perseguito dall’Atto è quello della garanzia di una maggiore tutela sanitaria per i cittadini.

Ciò dovrà essere realizzato mediante il contenimento dell’inquinamento atmosferico. 

On-line il nuovo sito dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Possile ora la Ricerca di nominativi per il ruolo di Responsabile Tecnico

È on-line la nuova versione del sito ufficiale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Vediamo quali sono le principali funzionalità e le metodologie di ricerca delle figure dei responsabili tecnici gestione rifiuti (RT).

Cosa c’è di nuovo

L’obiettivo è quello di avvicinare sempre di più l’Albo Gestori agli utenti e facilitare lo scambio di informazioni normative e funzionali, sempre con riguardo alla sicurezza dei dati e alla velocità di fruizione. Il nuovo sito è stato sviluppato sulla base delle tecnologie più avanzate e tenendo presente tre concetti cardine: usabilità, accessibilità e comunicazione.

Nella nuova versione sono presenti nuove pagine con aree dedicate a:

  • la ricerca di contenuti all’interno del sito;
  • le Sezioni dell’Albo;
  • le iniziative legate alla legalità;

la newsletter, con archivio e modalità di iscrizione.

La ricerca degli RT

Chi sono gli RT

Per l’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali nelle categorie 1, 4, 5, 8, 9, 10 le imprese e gli enti devono nominare almeno un responsabile tecnico.

Il responsabile tecnico ha il compito di assicurare la corretta organizzazione nella gestione dei rifiuti da parte dell’impresa in maniera effettiva e continuativa. Tale incarico può essere ricoperto dal legale rappresentante/titolare, da un dipendente, o anche da un soggetto esterno all’organizzazione.

L’Albo nazionale gestori ambientali ha emanato la deliberazione n. 1 del 23 gennaio 2019 sui compiti che il responsabile tecnico deve svolgere per ogni categoria.

In cosa consiste la funzionalità di ricerca

Nell’area riservata di ciascuna impresa iscritta, è possibile accedere alla funzionalità “Ricerca RT” che consente di visionare l’elenco dei responsabili tecnici, con i relativi requisiti, per coprire le eventuali necessità di ricerca di questa figura, indispensabile per mantenere attiva l’iscrizione alla specifica categoria e classe.

Per maggiori informazioni

https://www.albonazionalegestoriambientali.it/Public/Home

MPC – MASE: Riattivata la Piattaforma Nazionale del Fosforo

E’ stata riattivata la “Piattaforma Nazionale del Fosforo”, gestita dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). Vediamo di cosa si tratta e l’importanza del fosforo come materia prima critica.

La piattaforma di nuovo al via

Di nuovo al via le attività della Piattaforma Nazionale del Fosforo. Un nuovo accordo di collaborazione biennale tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e l’ENEA consente il rilancio del lavoro di una Piattaforma che riunisce tutti i soggetti portatori di interesse della catena di valore del fosforo.

Il fosforo come materia prima critica

Innanzitutto, occorre vedere di quale materia prima critica si tratta e il problema generato.

Si tratta di una risorsa non rinnovabile, non sostituibile, fondamentale per la produzione alimentare, essenziale per l’agricoltura e direttamente legata alla sicurezza alimentare, oltre ad essere importante in una serie di altre applicazioni industriali. Le riserve minerali mondiali di fosforo sono limitate anche se si discute ancora sull’estensione e concentrazione geografica delle stesse.

Tuttavia, agli attuali ritmi di prelievo di materie prime e produzione alimentare, il fabbisogno di fosforo rimarrà elevato. Allo stesso tempo le perdite di fosforo determinano gravi impatti ambientali. Il fosforo è la sostanza che maggiormente contribuisce all’eutrofizzazione delle acque ed allo scadimento della qualità delle acque superficiali.

Le problematiche di sostenibilità del fosforo sono strettamente legate ad altre sfide cruciali incluse la gestione dell’azoto, il trattamento delle acque, gli scarti alimentari, l’erosione del suolo, la sicurezza alimentare.

Il fosforo è inserito nell’elenco delle “Critical Raw Materials” redatto dalla Commissione europea.  

Formano una solida base industriale, producendo un’ampia gamma di beni e applicazioni utilizzate nella vita quotidiana e nelle moderne tecnologie. L’accesso affidabile e senza ostacoli a determinate materie prime è una preoccupazione crescente all’interno dell’UE e in tutto il mondo. Per affrontare questa sfida, la Commissione europea ha creato un elenco di materie prime critiche (CRM) per l’UE, che è soggetto a regolare revisione e aggiornamento. I CRM combinano materie prime di grande importanza per l’economia dell’UE e ad alto rischio associato alla loro fornitura.

In particolare, la loro importanza è giustificata da:

  • Collegamento con l’industria : le materie prime non energetiche sono collegate a tutte le industrie in tutte le fasi della catena di approvvigionamento
  • Tecnologia moderna : il progresso tecnologico e la qualità della vita dipendono dall’accesso a un numero crescente di materie prime. Ad esempio, uno smartphone può contenere fino a 50 diversi tipi di metalli, ognuno dei quali contribuisce alle sue dimensioni ridotte, leggerezza e funzionalità.
  • Ambiente : le materie prime sono strettamente legate alle tecnologie pulite. Sono insostituibili nei pannelli solari, nelle turbine eoliche, nei veicoli elettrici e nell’illuminazione ad alta efficienza energetica.

Il fosforo è considerato una materia prima critica per l’Europa, a causa della dipendenza dalle importazioni da Paesi extra europei (84% per la roccia fosfatica e 100% per il fosforo elementare) e del basso tasso di riciclo da prodotti a fine vita (17% per la roccia fosfatica e nullo per il fosforo elementare). Tuttavia, il fosforo è una risorsa essenziale per la vita, non rinnovabile e non sostituibile, che trova un largo impiego in molti mercati. La quasi totalità del fosforo elementare viene impiegato nell’industria chimica per la produzione di fertilizzanti per l’agricoltura (82%) e in via residuale nel settore della metallurgia (5%) e nel settore dell’elettronica (5%).

In generale, sono considerate come tali quelle fondamentali per l’economia europea. 

La piattaforma del fosforo

Nel 2019 il Ministero ha promosso la nascita della Piattaforma, gestita da ENEA in collaborazione con la Direzione Generale Economia Circolare del MASE, tra le cui finalità c’è il raggiungimento dell’autosufficienza del ciclo del fosforo su base nazionale e coordinamento con le politiche europee, attraverso lo sviluppo di un modello di economia circolare. Vi partecipano più di 60 organizzazioni aderenti, tra cui realtà della ricerca, istituzioni pubbliche e private, aziende e terzo settore.

Webinair informativo

Il prossimo 15 marzo è previsto un webinar per illustrare gli obiettivi operativi per il biennio 2023-2024, assieme a maggiori dettagli su organizzazione e attività specifiche previste.

Per maggiori informazioni

Cliccare qui: https://www.piattaformaitalianafosforo.it/

Commissione europea: si stanno compiendo sforzi per passare a un’economia tessile più circolare e sostenibile

Con uno studio rilasciato a Novembre 2021, viene testimoniato l’impegno dell’Europea per lanciare un economia dei rifiuti tessili che sia più circolare e sostenibile che mai. Con lo “Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling”, l’Europea delinea le tecnologie di trattamento utilizzate, e un analisi economica di rendimento delle stesse, applicate al recupero delle fibre divenute rifiuti.

In sintesi

Con i risultati dello studio, la Commissione intende fornire evidenti evidenze empiriche per migliorare la conoscenza e l’efficacia delle capacità di riciclaggio dei rifiuti tessili.

In esso si affrontano le tecnologie esistenti, sia quelle che sono applicate a livello industriale che in fase di sviluppo, relative alle diverse modalità di recupero come materia (es. riciclaggio meccanico, monomero chimico riciclaggio, riciclaggio di polimeri chimici, ecc.).

Inoltre, viene delineata un un’analisi economica ed efficacia ambientale di tali tecnologie di riciclaggio e una tabella di marcia delle tecnologie di riciclaggio dei tessili in fase di sviluppo al fine di supportarne l’adozione industriale.

Da ultimo vengono riportate le iniziative politiche pertinenti al fine di sviluppare il potenziale dell’economia in esame, e quali sono le barriere normative da abbattere per intensificare le attività di riciclaggio dei rifiuti tessili nell’UE.

Alcuni dati

L’economia dei rifiuti tessili presenta un rilevante potenziale. Basti un dato per giustificare tale affermazione. Secondo i dati forniti dalla Commissione, infatti ogni cittadino europeo:

  • utilizza in media 26 kg di materiale tessile pro-capite.
  • produce 11,3 kg di rifiuti, per un valore, in termini assoluti, pari a 5,8 milioni di tonnellate all’anno.

La produzione e il trasporto di tessuti richiedono 1,3 tonnellate di materie prime primarie, 100.000 litri di acqua e 700 m² di terra per persona all’anno.

Perché è stato promosso lo studio

L’Europea crede fermamente in questo settore: uno dei principali obiettivi della Commissione è proprio quello rafforzare la competitività dell’UE dell’industria tessile e dell’abbigliamento, laddove avanza la sua trasformazione verde e digitale.

Aumentare l’efficienza delle risorse e aiutare i ricercatori dell’UE e l’industria tessile e dell’abbigliamento europea, è l’obiettivo dell’analisi, da cui emerge che l’Europe è un leader, a livello globale, nella nascente circolare, nei modelli di business e nelle tecnologie legate al riciclo, poiché rende conoscenze sostanziali sullo stato di avanzamento e lo stato dell’arte, le opportunità e gli effetti collaterali negativi del tessile raccolta differenziata.

In particolare si vuole:

  • migliorare la conoscenza delle opportunità e le sfide delle tecnologie di riciclaggio dei rifiuti tessili, sviluppate e applicate a livello globale e livello dell’UE per quanto riguarda la loro fattibilità tecnica e maturità per l’adozione da parte del mercato e, efficacia economica e ambientale;
  • identificare aree promettenti per la ricerca futura e progetti di innovazione e le misure necessarie per sostenere l’adozione industriale del tessile tecnologie di riciclaggio già in fase di sviluppo;
  • fornire ai responsabili politici un un’analisi approfondita degli ostacoli normativi esistenti e presentare opzioni politiche alternative migliorare e potenziare le attività di riciclaggio dei rifiuti tessili nell’UE.

Le varie modalità di recupero dei rifiuti tessili

In tema di recupero come materia del rifiuto in esame, la Commissione distingue, in particolare, le seguenti tecnologie.

Il riciclaggio meccanico

si tratta di un processo basato su forze fisiche, che possono essere utilizzate in isolamento per il riciclaggio di tessuti o fibre o come pre-lavorazione per termomeccanici o chimici e processi di riciclo biochimico. La tecnologia di riciclaggio è attualmente a Livello di preparazione 9 (TRL 9) ed è già una tecnologia affermata sul mercato decenni di esperienza, ad esempio, per la lana nella regione di Prato in Italia o altri naturali fibre (a base di cellulosa come cotone, juta, sisal, lino, ecc.) e anche fibre sintetiche (poliestere, poliammide, acrilico, viscosa, PP, ecc.) in varie regioni europee (Belgio, Francia, Germania, Svezia, ecc.).

Il riciclo termico

Con il riciclo termico, invece, si realizza un processo basato sul riscaldamento con l’obiettivo di recuperare entrambi i polimeri o blocchi costitutivi a basso peso molecolare. Viene fatta una distinzione tra riciclaggio termomeccanico e riciclaggio termochimico.

Il riciclaggio termomeccanico

Si tratta di un processo utilizzato in un sistema di riciclaggio che fonde un polimero, tipicamente impiegato per consentire il riciclaggio dei polimeri. Queste sono tecnologie per il riciclaggio tessuti termoplastici, ad es. poliestere, poliammide, polipropilene, ecc. mediante lavorazione a fusione trasformarli in un rigranulato e/o nuove fibre.

Il riciclaggio termochimico

Con quello termochimico, invece, viene utilizzata la reazione di ossidazione parziale dei polimeri per produrre componenti a bassa massa molare o riscaldare per degradare i polimeri in monomeri che possono essere utilizzato come materia prima per l’industria chimica, ad esclusione dei combustibili utilizzati per l’energia

produzione o altri processi di combustione o recupero energetico.

Viene considerata come una tecnologia matura, sebbene dia luogo alla produzione di materie prime per la l’industria chimica (al contrario del recupero energetico o della produzione di combustibili).

Il riciclaggio chimico

Si tratta di un processo che utilizza la dissoluzione chimica o reazioni chimiche impiegati nel riciclo dei polimeri (sistema di smontaggio di fibre usate, estrazione di polimeri e rifilarli per nuovi usi) o il riciclo dei monomeri (sistema di scomposizione materiali tessili polimerici nei loro monomeri costituenti e ricostruzione di fibre polimeriche per nuovi usi).

Per maggiori informazioni

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Informazioni finanziarie associate alle attività economiche ecosostenibili: entra in vigore il Regolamento 2021/2178

A partire dal prossimo 1° Gennaio 2022 entreranno in vigore le prescrizioni contenute nel Regolamento 2021/2178, il quale fornisce i criteri per determinare quando una attività economica può considerarsi “ecosostenibile”.

L’entrata in vigore del Regolamento

Entrerà in vigore dal prossimo anno il nuovo Regolamento comunitario n. 2178 del 2021, rilasciato dalla Comunità Europea, per stabilire le modalità di individuazione delle attività “ecosostenibile”, ovvero contribuire agli obiettivi climatici fissati dalla UE.

Il regolamento

Obiettivo dell’atto è quello di rendere consapevoli investitori e pubblico in merito alla quota di attività economiche allineate alla tassonomia, perseguite dalle imprese beneficiarie degli investimenti.

Sarà compito dei gestori di attività finanziarie quello di comunicare la quota di investimenti proprio a riguardo delle attività economiche allineate alla tassonomia, rispetto al valore di tutti gli investimenti da essi gestiti derivanti dalle loro attività di gestione di portafogli, sia collettivi che individuali.

Tale quota di investimenti allineati alla tassonomia è data dalla quota di attività economiche allineate alla tassonomia delle imprese beneficiarie degli investimenti risultante dai loro rispettivi indicatori fondamentali di prestazione, dato che tali indicatori riflettono le prestazioni ambientali delle predette imprese.

Per quanto riguarda le attività nel settore dei rifiuti, le emissioni di gas serra sono relativamente contenute.

Tuttavia, la Commissione europea considera che il settore presenti un notevole potenziale  a riguardo della riduzione delle emissioni di gas serra in altri comparto, per esempio fornendo materie prime seconde in alternativa a quelle vergini, offrendo alternative a prodotti, fertilizzanti e all’energia basati sui combustibili fossili. Le attività di compostaggio dei rifiuti organici evitano lo smaltimento in discarica e riducono le emissioni di metano. Pertanto, i criteri di vaglio tecnico di queste attività riconoscono il loro contributo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici a patto siano applicate determinate migliori pratiche settoriali.

Le attività ecosostenibili

Il regolamento 4 giugno 2021, n. 2021/2139/Ue emanato ai sensi del regolamento sulla tassonomia 2020/852/Ue (articoli 10, comma 5 e 11, comma 5) definisce i criteri che consentono di determinare se un’attività economica può “spendersi” sul mercato come “ecosostenibile”. L’attività, in particolare, deve contribuire in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici (allegato 1 al regolamento) o all’adattamento ai cambiamenti climatici (allegato 2 al regolamento). I criteri fanno riferimento a valori limite o livelli di prestazione da raggiungere perché si possa considerare che l’attività economica contribuisce in modo sostanziale all’obiettivo climatico. Un altro criterio che l’attività economica deve  rispettare è quello di non arrecare un danno significativo a nessun altro obiettivo ambientale.

Le premesse

Il Regolamento in esame[1], innanzitutto, prevede che, per una certa categoria di imprese[2], con riferimento alle imprese soggette all’obbligo di pubblicare informazioni di carattere non finanziario, si debba includere nella dichiarazione di carattere non finanziario o nella dichiarazione consolidata di carattere non finanziario, informazioni su come e in che misura le attività dell’impresa sono associate ad attività economiche considerate ecosostenibili.

In particolare, al paragrafo 2 viene richiesto alle imprese non finanziarie di comunicare informazioni sulla quota del fatturato, delle spese in conto capitale e delle spese operative («indicatori fondamentali di prestazione» o «KPI») delle loro attività relative ad attivi o processi associati ad attività economiche ecosostenibili.

Tale disposizione non specifica tuttavia gli indicatori fondamentali di prestazione per le imprese finanziarie, ossia enti creditizi, gestori di attività finanziarie, imprese di investimento e imprese di assicurazione e di riassicurazione.

Di conseguenza, con il 2178 viene proprio integrata la prescrizione, per chiarire quali sono gli indicatori fondamentali di prestazione per le imprese finanziarie e specificati, ulteriormente, il contenuto e la presentazione delle informazioni che tutte le imprese devono comunicare nonché la metodologia da rispettare per tale informativa.

Il Regolamento interviene anche, in tema di applicazione uniforme degli obblighi di informativa[3] da parte delle imprese non finanziarie[4], su contenuto e presentazione delle informazioni richieste[5], nonché sulla metodologia per conformarsi a tali norme.

L’obiettivo è quello di:

  • consentire agli investitori e al pubblico di valutare correttamente la quota di attività economiche ecosostenibili (attività allineate alla tassonomia) delle imprese non finanziarie, per cui tali imprese dovrebbero essere obbligate a comunicare quali delle loro attività economiche sono allineate alla tassonomia;
  • indicare a quali obiettivi ambientali tali attività contribuiscono in modo sostanziale.

Le imprese non finanziarie dovrebbero pertanto fornire anche una scomposizione negli indicatori fondamentali di prestazione della quota di attività allineate alla tassonomia in base a ciascun obiettivo ambientale a cui tali attività contribuiscono in modo sostanziale.

Le imprese finanziarie e non

Per impresa finanziaria si intende una soggetta agli obblighi di informativa[6], che può consistere in un gestore di attività finanziarie, un ente creditizio[7], un’impresa di investimento[8], un’impresa di assicurazione[9] o un’impresa di riassicurazione[10]; mentre le c.d. “non finanziarie”, soggette a taluni obblighi di informativa[11], sono, viceversa, le imprese diverse dalle precedenti.

In particolare, quest’ultime comunicano le informazioni previste dal Regolamento 2020/852[12]  come specificato nell’allegato I del Regolamento esaminato.

[1] Esso integra il regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio precisando il contenuto e la presentazione delle informazioni che le imprese soggette all’articolo 19 bis o all’articolo 29 bis della direttiva 2013/34/UE devono comunicare in merito alle attività economiche ecosostenibili e specificando la metodologia per conformarsi a tale obbligo di informativa.

[2] ex art. 19 bis o art. 29 bis della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio

[3] di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/852

[4] soggette agli articoli 19 bis o 29 bis della direttiva 2013/34/UE

[5] dall’articolo 8 del regolamento (UE) 2020/852

[6] di cui agli articoli 19 bis e 29 bis della direttiva 2013/34/UE

[7] ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)

[8] ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, del regolamento (UE) n. 575/2013

[9] ai sensi dell’articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7)

[10] ai sensi dell’articolo 13, punto 4, della direttiva 2009/138/CE

[11] di cui agli articoli 19 bis e 29 bis della direttiva 2013/34/UE

[12] di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 2.

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