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Piccole e medie imprese: come vengono gestiti i rifiuti

Un report prodotto da Unioncamere ed Ecocerved descrive i dati relativi a produzione e avvio a gestione dei rifiuti da parte delle PMI.

Il tessuto delle piccole e medie imprese

Il fenomeno delle piccole e medie imprese in Italia è consistente. Infatti:

  • esse rappresentano il 99% del totale delle aziende iscritte al Registro Imprese;
  • impiegano ben il 76% della forza lavoro a livello nazionale;
  • sono circa 800.000 le PMI italiane che producono rifiuti, in quantità superiore a 70 milioni di tonnellate (Mt) nel 2020 (quasi il 60% nel settore delle costruzioni e poco meno del 25% nel manifatturiero);

Perché è stato realizzato il report

Unioncamere ha realizzato, nell’ambito delle attività sulla sostenibilità avviate nel 2021, assieme ad Ecocerved ha realizzato un kit di strumenti innovativi per la valorizzazione dei dati ambientali, tramite l’incrocio con dati di tipo economico e amministrativo, che nel loro insieme costituiscono un prezioso patrimonio informativo per le Camere di commercio.

A seguito della presentazione dei risultati della sperimentazione svolta nell’ambito di un gruppo di lavoro intercamerale, si pubblica l’analisi sulle Piccole e medie imprese (PMI) nella prospettiva del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti: in fondo alla pagina è disponibile il report dinamico, che consente a qualsiasi utente di visualizzare in modo interattivo le elaborazioni e personalizzare i risultati selezionando gli aspetti di proprio interesse[1].

I dati sulla produzione dei rifiuti delle PMI

La produzione di rifiuti delle PMI è molto rilevante se rapportata a quella delle aziende italiane di tutte le classi dimensionali; infatti, incide per quasi il 70% sul totale e risulta peraltro in crescita negli anni: si parte da 60 Mt nel 2013 a 65 Mt nel 2016, fino ad arrivare a 74 Mt nel 2019, con un aumento complessivo del +22%. Il dato relativo al 2020, invece, segna un rallentamento della tendenza e vede i rifiuti prodotti in calo rispetto all’anno precedente, ma si tratta di una dinamica presumibilmente dovuta alla situazione emergenziale legata al Coronavirus.

Focalizzando sulle micro e piccole imprese (meno di 50 addetti), la produzione ammonta a ben 46 Mt (quasi il 65% del totale proveniente da PMI) e riguarda, nella quasi totalità dei casi, rifiuti di tipo non pericoloso (97%). A livello gestionale queste imprese destinano circa il 75% dei loro rifiuti a recupero di materia, la prima opzione in ordine di preferenza secondo la gerarchia europea, e registrano una performance migliore rispetto alle medie (50-249 addetti), che si fermano al 70% e anche alle grandi (250 addetti e oltre), che sfiorano appena il 60%. 


[1] L’approfondimento esclude le imprese che svolgono un’attività professionale di gestione dei rifiuti.

Startup e PMI innovative, online i dati del secondo trimestre 2022

Il MISE ha pubblicato il dato relativo alla creazione delle Startup e PMI innovative per il secondo trimestre del 2022. Confermato il trend positivo registrato di inizio anno. mesi dell’anno.

L’analisi

MISE, Unioncamere, InfoCamere e Mediocredito Centrale hanno rilasciato il nuovo rapporto trimestrale riguardante i dati sullo sviluppo del nostro tessuto imprenditoriale, ed in particolare di quello costituito dalle c.d. “start up” e dalle piccole e medie imprese, riferito ai mesi da aprile a giugno 2022.

Con essi si conferma il trend positivo di inizio 2022, per cui, ad oggi, sono 14.621 le imprese iscritte al registro delle imprese, pari al 3,7% di tutte le società di capitali di recente costituzione, un dato in aumento rispetto al trimestre precedente con 259 nuove unità (+1,8%).

Le aree di sviluppo

Fra i settori interessati alla crescita, si segnalano quelle relative a:

  • produzione di software;
  • consulenza informatica;
  • ricerca e sviluppo;
  • fabbricazione di macchinari;
  • prodotti elettronici

In crescita il trend delle startup innovative fondate da under 35 con un + 0,5%, per un totale di 17,4%.

Lo sviluppo sul piano territoriale

E’ la  Lombardia la prima regione italiana riguardo la presenza delle start-up italiane (oltre il 26,7%), seguita dal Lazio (12,1%, + 45 startup rispetto al trimestre precedente) e Campania (9,2%, + 33 startup rispetto al trimestre precedente). 

In merito alle Città, le prime 10 sono: Milano (2737 startup), Roma (1599), Napoli (675), Torino (532), Bari (362), Bologna (358), Padova (331), Salerno (302), Bergamo (291) e Brescia (286).

Se si considera invece il numero di startup innovative in rapporto al numero di nuove società di capitali troviamo tra le prime dieci province: Trento, Milano, Terni, Potenza, Udine, Pordenone, Pisa, Trieste, Bologna e Ascoli Piceno.

I dati del fondo di garanzia

Anche i dati presentati dal report trimestrale del Fondo di garanzia (FGPMI) confermano il trend di crescita dei finanziamenti concessi: 6.798 sono le startup innovative beneficiarie del Fondo di garanzia dall’inizio dell’operatività e tra esse alcune hanno ricevuto più di un prestito.

Nel secondo trimestre 2022, il FGPMI ha gestito 666 operazioni verso startup innovative, con una crescita del 7% rispetto al precedente trimestre, e il totale dei finanziamenti potenzialmente mobilitati si attesta intorno ai 193 milioni di euro, in aumento del 44% rispetto al periodo gennaio-marzo 2022. Nel secondo trimestre, inoltre, il finanziamento medio ammonta a 289 mila euro, in crescita del 34% rispetto al trimestre precedente.

Per gli incubatori certificati, al secondo trimestre 2022 le operazioni gestite dal FGPMI sono 103, per un totale potenzialmente mobilitato di quasi 47 milioni di euro, mentre i numeri delle PMI innovative gestite dal Fondo parlano di 6.163 operazioni per un totale potenzialmente mobilitato di 2 miliardi di euro.

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Al via la campagna ENEA per supportare le PMI sulle diagnosi energetiche

È partita il 14 giugno, dal Centro Ricerche ENEA di Portici (Napoli), la campagna di formazione e sensibilizzazione di ENEA per fornire alle PMI il supporto tecnico necessario all’esecuzione delle diagnosi energetiche nei siti produttivi.

Le principali caratteristiche della Campagna

Essa riguarda la fornitura del supporto tecnico necessario all’esecuzione delle diagnosi energetiche nei siti produttivi, nei confronti delle PMI

Viene strutturata in sei tappe (il primo già svolto a Roma il 24 maggio), dove ricercatori ENEA interagiscono con tutti gli stakeholder interessati (EGE, ESCo, professionisti iscritti agli ordini, consulenti aziendali).

Dopo Portici, altri quattro appuntamenti avranno luogo nei prossimi mesi a Latina, Sassuolo/Bologna, Rimini (nell’ambito di Key Energy) e Potenza.

Nel corso dell’ultima tappa sarà presentato un tool per il supporto alla realizzazione di diagnosi energetiche nelle PMI del settore industriale e terziario predisposto da ENEA in collaborazione con l’Università degli studi della Basilicata.

Si tratta di uno strumento in grado di effettuare l’analisi degli indicatori energetici, economici e ambientali e quella riguardante eventuali interventi di efficientamento individuati per ridurre il consumo dei vettori energetici.

  

Le dichiarazioni

“Obiettivo dell’iniziativa, la cui realizzazione è affidata all’ENEA di concerto con il Ministero della Transizione Ecologicahttps://www.enea.it/it/Stampa/news/energia-campagna-per-supportare-le-pmi-sulle-diagnosi-energetiche/ – nota1, è di individuare soluzioni, strumenti e politiche in grado di superare le barriere tecnologiche, economiche e culturali che ostacolano le PMI nell’implementazione di politiche di efficienza energetica, per mancanza di competenze specifiche e per la bassa conoscenza degli strumenti utili per eseguire le diagnosi energetiche”, sottolinea Marcello Salvio, responsabile del laboratorio ENEA di Efficienza energetica nei settori economici, che coordina l’iniziativa per l’Agenzia.

“Con l’efficienza energetica entra in azienda anche l’innovazione che è un fattore essenziale per la competitività e per la sostenibilità. Per questo ENEA, nell’ambito della convezione sulle diagnosi energetiche con il MiTE, vuole essere al fianco delle piccole e medie imprese nel loro percorso verso la transizione ecologica. Con i prezzi dell’energia elevati come quelli attuali, la diagnosi energetica rappresenta uno strumento necessario anche per le piccole e medie imprese che non hanno l’obbligo di eseguirla, in quanto consente di scattare una fotografia sui punti di forza e di debolezza dal punto di vista dei consumi” ha dichiarato Ilaria Bertini, Direttrice del Dipartimento Unità Efficienza Energetica dell’ENEA, durante la recente tappa di presentazione a Roma, nel corso della quale sono stati presentati anche i risultati delle diagnosi energetiche alla scadenza del dicembre 2021 e quelli del progetto europeo LEAP4SME[2], coordinato da ENEA, e focalizzato sulle politiche da adottare per l’implementazione di audit nelle PMI e per il superamento delle barriere esistenti. Proprio con LEAP4SME verranno approfondite e sviluppate sinergie nel corso delle prossime tappe della campagna.

Per maggiori informazioni

Marcello Salvio, ENEA – responsabile Laboratorio di Efficienza energetica nei settori economici,  marcello.salvio@enea.it

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Green economy report: la transizione ecologica che ci salverà

Con un articolo dedicato al tema della transizione ecologica, Green economy report fa il punto della situazione sullo stato dell’arte della transizione ecologica in Italia. La cifra con cui si dovrà misurare ogni attività economica al netto di qualunque crisi è la sostenibilità. Parola di Lucia Leonessi, che spiega l’importanza di fare squadra per raggiungere questo obiettivo in ambito manifatturiero. Stefano Sassone: “Investire nell’economia circolare offre opportunità rilevanti di business e crescita occupazionale e non è semplicemente il manifesto di una maggior sensibilità nei confronti dei luoghi dove viviamo”.

Il tema

Secondo Confindustria Cisambiente, catalizzatore di imprese ad alta vocazione green, dovrà partire da questo presupposto la transizione ecologica che l’Italia è chiamata ad accelerare per reagire alla pandemia e alla guerra. Una doppia offensiva che ci ha segnato non solo dal lato umano, ma ha proiettato la questione dell’emancipazione dal gas in una dimensione emergenziale.

«In questa cruciale partita- sostiene Lucia Leonessi, Direttore generale e fondatrice di Confindustria Cisambiente – l’Europa ha dato l’impressione di tentennare rispetto all’utilizzo del rifiuto come fonte energetica: essendo la colonna della transizione ecologica di Confindustria, noi avremmo immaginato una spinta molto più decisa».

Assieme a Lucia Leonessi intervengono Fabrizio D’Epiro, vicepresidente Finanza e fiscalità Cisambiente, Stefano Sassone, Direttore Area tecnica Cisambiente e Carlo Lusi, presidente Cartambiente.

La stessa spinta avete cercato di imprimerla nei primi 5 anni di attività di Cisambiente, durante i quali rivendicate con orgoglio una serie di successi. In quali ambiti avete conseguito i più rilevanti?

Lucia Leonessi: «Il più grande successo all’inizio del nostro sesto anno di attività è aver aggregato tutta la filiera del ciclo integrato dei rifiuti dalla progettazione allo smaltimento finale alle bonifiche. Lottare gli uni al fianco degli altri in un’unica associazione si è rivelato vincente nell’ottenimento degli obiettivi. La tradizione ecologico-ambientalista è diventata il nostro stesso motore per costruire il futuro partendo dalla realizzazione di impianti nuovi, di alta tecnologia e soprattutto di prossimità. Il miglior alleato del ciclo integrato del rifiuto e dell’economia circolare è proprio la prossimità impiantistica».

Tra le alternative energetiche più evocate per tamponare il deficit  del  gas russo c’è il carbone. Che ne pensate e quali ulteriori strade può percorrere l’Italia per liberarsi da questa dipendenza?

Fabrizio D’Epiro: «In Italia nel 2020 il 55,8 per cento del carbone utilizzato dalle nostre centrali proveniva dalla Russia, va da sé che bisogna trovare fonti realmente alternative sia al gas sia al carbone. Una strada valida è certamente quella di sostituire la fonte carbonifera con il Combustibile solido secondario (Css), matrice mista di plastiche, carta e tessuto non recuperabile nei normali processi di riciclo. Una tonnellata di Css sostituisce in termini di potere calorico quasi una tonnellata di carbone e ha un costo di approvvigionamento di circa un ottavo. Confindustria Cisambiente, che al suo interno conta i maggiori produttori italiani di questa fonte, propone alle società proprietarie delle centrali a carbone di pianificarne una progressiva sostituzione con il Css».

Qual è il grado di coinvolgimento delle Pmi nella corsa verso la sostenibilità e, in ambito manifatturiero, quali settori risultano trainanti in termini di buone pratiche?

Stefano Sassone: «In Italia oggi la maggior parte delle aziende viene costituita da micro e piccole imprese. Investire nell’economia circolare offre opportunità rilevanti di business e crescita occupazionale e non è semplicemente il manifesto di una maggior sensibilità nei confronti dei luoghi dove viviamo. Nella rivoluzione verde le Pmi sono pertanto pienamente coinvolte e hanno un ruolo essenziale per realizzare la transizione ecologica di cui oggi tanto si parla. Tra i settori manifatturieri che risultano avanti in questa corsa per la sostenibilità spiccano le aziende che realizzano gli imballaggi atti a contenere, manipolare e trasportare prodotti e materie prime».

Il Pnrr pone un forte accento sulla rivoluzione verde. Quali forme di riorganizzazione green delle catene produttive sta favorendo?

Stefano Sassone: «Il Piano nazionale ripresa e resilienza ha rappresentato, ed è destinato a rappresentare per molti anni, un utile e proficuo meccanismo di finanziamento per le iniziative “verdi”. Il termine previsto per i bandi ne testimonia il forte successo, suffragato dai numeri diramati dal MiTE. Di particolare interesse è stata la volontà del dicastero di finanziare le proposte impiantistiche riguardanti l’idrogeno da umido, definita tecnicamente come frazione organica dei rifiuti solidi urbani, che mediante opportuni meccanismi di conversione consente di ottenere energia pulita dai nostri rifiuti. Tale opportunità è stata accolta dalle nostre imprese associate che hanno risposto ai bandi per l’idrogeno verde».

Il rincaro delle materie prime rende ancora più attrattivi i nuovi paradigmi circolari. Quale strategia andrà perseguita in futuro per affermare questo modello economico nelle nostre imprese?

Carlo Lusi: «Al di là della pandemia, della guerra e delle attuali speculazioni finanziarie, la cifra con cui si dovrà misurare ogni attività economica è la sostenibilità. La crisi climatica, l’aumento della popolazione mondiale e i limiti delle risorse sono dati di fatto. Il modello economico dovrà essere sempre più orizzontale, vicino, ramificato, circolare, rinnovabile, in primis in Paesi come l’Italia poveri di materie prime. La filiera del recupero e riciclo della carta è un esempio di tale nuovo modello. La globalizzazione ha mostrato la sua fragilità intrinseca e i rischi a cui espone anche le società più ricche. La sostenibilità è la “rete di sicurezza” che ci salverà dalla caduta che rischiamo seriamente di fare a breve».

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La sostenibilità per le PMI: un’opportunità di business

Le PMI e le sfide per la sostenibilità aziendale: questo il tema organizzato da Global Compact Italia, in programma il prossimo 5 aprile, alle ore 11.

Che cos’è il global compact

Il Global Compact delle Nazioni Unite è l’iniziativa strategica di cittadinanza d’impresa più ampia al mondo.

Nasce dalla volontà di promuovere un’economia globale sostenibile: rispettosa dei diritti umani e del lavoro, della salvaguardia dell’ambiente e della lotta alla corruzione. È stata proposta, per la prima volta nel 1999, presso il World Economic Forum di Davos, dall’ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, il quale, in quell’occasione, ha invitato i leader dell’economia mondiale presenti all’incontro a sottoscrivere con le Nazioni Unite un “Patto Globale”, al fine di affrontare in una logica di collaborazione gli aspetti più critici della globalizzazione. Mai, prima, era stata proclamata così nettamente la volontà di allineare gli obiettivi della comunità internazionale con quelli degli interessi privati del mondo degli affari.

La vision del Global Compact delle Nazioni Unite è promuovere la creazione di una economia globale più inclusiva e sostenibile.

Il tema del convegno

Le Piccole e Medie Imprese affrontano sfide importanti nel concretizzare il percorso di sostenibilità aziendale.

L’incontro, promosso dall’UN Global Compact Network Italia per il prossimo 5 aprile, si propone di evidenziare i vantaggi loro offerti con la partecipazione alla più grande iniziativa globale sul tema: il Global Compact delle Nazioni Unite. Attualmente, la maggior parte degli aderenti all’UN Global Compact è rappresentata da PMI, realtà con meno di 250 dipendenti, contando circa 9.000 partecipanti sugli oltre 15.000 totali.

Il webinar si rivolge alle PMI interessate a conoscere meglio l’iniziativa UN Global Compact e le opportunità offerte dal Network italiano, presentando una panoramica degli strumenti di sostenibilità potenzialmente utili a realtà di piccole dimensioni nei campi dell’autovalutazione, della pianificazione e reportistica basate sugli SDGs; della gestione della diversità e dell’inclusione; degli approvvigionamenti circolari nel settore privato.

L’incontro apre alle ore 11.00 per chiudere alle 12.30.

Informazioni e collegamento

Per informazioni, scrivere a: info@globalcompactnetwork.org

Link per registrarsi all’evento: www.fondazionegcni.webex.com

Le istruzioni per partecipare al webinar verranno fornite con la conferma di registrazione.

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Progetti innovativi 4.0 e risparmio energetico: dal MISE 678 milioni per le PMI

Importanti novità per le piccole e medie imprese italiane (PMI). Varato dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) un decreto che consente alle stesse di poter veder finanziati i propri progetti, purchè favoriscano la trasformazione digitale dell’attività manifatturiera attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti individuate dal piano Transizione 4.0.

Il Decreto del MISE

Con un Decreto firmato MISE vengono disciplinati i finanziamenti garantiti dal programma d’investimento europeo React-Eu e dai fondi di coesione.

In particolare, i finanziamenti previsti dal nuovo regime di aiuti sono destinati per circa 250 milioni agli investimenti da realizzare nelle regioni del Centro – Nord, mentre circa 428 milioni sono previsti per quelli nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna). Di queste risorse, una quota pari al 25% è destinata ai progetti proposti dalle micro e piccole imprese.

L’entità dei finanziamenti

L’importo massimo agevolabile per ogni investimento innovativo non potrà essere superiore a 3 milioni di euro e dovrà favorire la trasformazione digitale dell’attività manifatturiera delle Pmi attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti individuate dal piano Transizione 4.0. Una particolare attenzione verrà rivolta ai progetti che puntano a favorire l’ economia circolare, la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico.

Condizioni per l’erogazione

Le imprese che richiederanno l’agevolazione non dovranno però aver effettuato, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, una delocalizzazione verso uno stabilimento situato in un’altra parte dello Spazio Economico Europeo (SEE) che realizzi prodotti o servizi oggetto dell’investimento, impegnandosi a non farlo anche fino ai 2 anni successivi al completamento dell’investimento stesso.

Le agevolazioni verranno concesse utilizzando le possibilità offerte dal Temporary framework comunitario.

Il decreto è stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione. Le PMI interessate potranno presentare domanda nei termini e nelle modalità che verranno definite con un successivo provvedimento ministeriale.

Per maggiori informazioni

https://www.ponic.gov.it/sites/PON/news/PMI_678milioni_1495117762809