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Il riciclo in Italia: lo stato dell’arte

Presentato a Milano il nuovo rapporto sulle attività di riciclo dei rifiuti svolte in Italia, attraverso il Paper pubblicato da Fondazione sviluppo sostenibile. È stata l’ennesima occasione per mostrare quanto il nostro Paese ha ricoperto, e ricopre, una posizione di leadership in Europa.

Il rapporto

La presentazione

Il 14 dicembre si è svolta a Milano la tradizional presentazione del Rapporto, a cura di Fondazione per lo sviluppo sostenibile, con la Conferenza Nazionale dell’Industria del Riciclo, giunta alla sua seconda edizione.

Il tema affrontato è stato quello delle “nuove frontiere del riciclo in Italia”.

L’evento è stato promosso in collaborazione con il CONAI e Pianeta2030, il mensile del Corriere della Sera, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dell’Ispra e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.

Nell’occasione, sono stati presentati i dati sull’attività e il Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente dedicato all’analisi del mercato delle materie prime seconde in Europa.​

Le principali evidenze

L’anno che si sta chiudendo è stato particolarmente significativo per il settore del riciclo, sia per il progredire dell’attuazione delle misure previste nel pacchetto europeo al 2030 relativo alla circolarità, sia per il confronto sviluppato sulla proposta del nuovo Regolamento sugli imballaggi.

Intanto l’industria del riciclo italiana continua a crescere, confermandosi un’eccellenza a livello europeo:

  • Infatti, se la quota di rifiuto recuperato come materia, in Europa si attesta sulla media del 58%, in Italia tale percentuale sale al 72%: le eccellenze vanno dagli imballaggi, ai rottami, passando per l’organico da raccolta differenziata.
  • Inoltre, colpisce il dato relativo ai materiali provenienti dal riciclo che l’Italia ha esportato nel 2021 oltre i confini EU27, pari a  2.3 Milioni di tonnellate.

Ma i pur significativi risultati raggiunti non sono ancora sufficienti se si vogliono cogliere in pieno le nuove opportunità.

Il cambiamento verso un’economia più circolare pone al riciclo importanti sfide: ridurre il prelievo e il consumo di materiali, utilizzarli al meglio e il più a lungo possibile, riciclarli e impiegarli più volte, in sostituzione delle materie prime vergini. Per ottenere questi obiettivi sono necessarie innovazioni tecnologiche dei processi di riciclo e nuove misure per consentire al mercato di riconoscere e valorizzare, in modo più esteso, gli effettivi vantaggi – ambientali, di autonomia e di sicurezza strategica – dei materiali generati dal riciclo.

Oltre alla ormai consolidata analisi dei diversi settori e alle numerose novità normative europee e nazionali, l’edizione 2023 del Rapporto dedica un approfondimento alle innovazioni e alle difficoltà che rischiano di rendere più difficile il raggiungimento di quegli obiettivi.

Per maggiori informazioni

Deposito nazionale (DN): pubblicato dal MASE l’elenco aree idonee alla localizzazione del Deposito nazionale

Lo scorso 13 dicembre 2023 il MASE ha pubblicato sul proprio sito web l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI). A tal proposito, gli Enti locali di tutto il territorio italiano possono presentare entro 30 giorni le autocandidature ad ospitare l’opera. Per le aree non comprese nell’elenco, si procederà a una rivalutazione ai fini della loro idoneità. Che cos’è il DN, l’attività di decomissioning, e il ruolo di SOGIN.

Che cos’è il deposito nazionale

 Il Deposito Nazionale sarà un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.

Il Deposito Nazionale sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva.

Insieme al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, nel quale si svolgeranno attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile. Sarà un polo di attrazione per l’innovazione scientifica e tecnologica nell’industria e un richiamo per un’occupazione qualificata.

Il Deposito Nazionale sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.

Il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico.

Che cos’è il Decomissioning

In Italia la messa in sicurezza degli ex impianti nucleari, da dove provengono le scorie radioattive dei rifiuti originati dall’attività di produzione, viene garantita da SOGIN, la quale si occupa, appunto, del c.d. “decomissioning”. Queste le principali evidenze dell’attività.

Si tratta letteralmente di un attività di smantellamento di un impianto nucleare, la quale rappresenta l’ultima fase del suo ciclo di vita dopo la costruzione e l’esercizio.

In termini generali, il decommissioning comprende l’allontanamento del combustibile e la caratterizzazione radiologica degli impianti, la decontaminazione delle strutture, la demolizione degli edifici e, infine, la caratterizzazione radiologica del sito. Tutte queste operazioni vengono svolte mantenendo sempre in sicurezza gli impianti nei quali si lavora.

Il decommissioning si caratterizza anche per la gestione dei rifiuti radioattivi, che sono stoccati in appositi depositi temporanei, e di tutti gli altri materiali prodotti dallo smantellamento, come ferro, rame o calcestruzzo, che vengono allontanati dal sito per essere recuperati e riciclati.

Quando tutte le strutture dell’impianto sono demolite e tutti i rifiuti radioattivi sono condizionati e stoccati nei depositi temporanei, pronti per essere trasferiti al Deposito Nazionale, si raggiunge una fase intermedia definita “brown field” (prato marrone).

Dopo il graduale conferimento dei rifiuti radioattivi al Deposito Nazionale, si procede anche con lo smantellamento dei depositi temporanei.

A questo punto l’area, una volta verificata l’assenza dei vincoli di natura radiologica, raggiunge lo stato di “green field” (prato verde) che consente di restituire il sito alla collettività per il suo riutilizzo.

SOGIN: il ruolo svolto

Si tratta della Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi.

E’ una società pubblica, responsabile della suddetta attività, e della relativa gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare.

Tali attività sono svolte per garantire quotidianamente la sicurezza dei cittadini, salvaguardare l’ambiente e tutelare le generazioni future.

Viene interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Sogin opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano.

Le aree scelte

Questo l’elenco delle aree selezionate:

https://www.gse.it/servizi-per-te/attuazione-misure-pnrr/produzione-di-biometano/graduatorie

Presentazione del rapporto rifiuti urbani 2023

Il prossimo 21 dicembre, ISPRA con Utilitalia, presenterà la venticinquesima edizione del Rapporto Rifiuti Urbani, che presenta i dati relativi all’anno 2022.

Le tematiche affrontate nel rapporto

I dati del rapporto saranno centrati sulle statistiche relative ai dati elementari e complessi sul ciclo dei rifiuti urbani in Italia.

Inoltre, una parte del rapporto verrà dedicato al tema del Recupero Energetico da rifiuti in Italia.

Si tratta di uno studio mirato a fornire informazioni sugli impianti di digestione anaerobica e di incenerimento con il recupero di energia dei rifiuti in Italia.

Tali impianti fanno parte del sistema di gestione integrata dei rifiuti così come delineato anche dalle direttive europee per l’attuazione di un modello di economia circolare e, con particolare riferimento a quelli di trattamento termico, fondamentali per il recupero delle frazioni non riciclabili e finalizzati alla minimizzazione del ricorso allo smaltimento in discarica.

Dove

La presentazione del Rapporto si terrà il 21 dicembre, dalle ore 9.30 alle ore 13.30, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per partecipare

E’ necessario registrarsi al seguente link: https://www.isprambiente.gov.it/it/events/rifiuti-urbani-in-italia-produzione-raccolta-gestione-e-recupero-energetico/registration-form

Per maggiori informazioni

Per l’edizione precedente: https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-rifiuti-urbani-edizione-2022

Stefano Sassone, intervista a Tg3 Leonardo

Stefano Sassone è tornato sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi, di rilevante interesse in questa fine di anno per via della collocazione delle scorie originate dalla produzione dell’energia nucleare nei decenni trascorsi: “Il deposito nazionale dovrà essere costituito da un luogo, in cui il rischio per l’uomo e per l’ambiente dovrà essere nullo, in una struttura in cui il materiale dovrà essere letteralmente tombato, e di conseguenza non potrà essere in grado di emettere alcuna forma di radioattività nei confronti dell’esterno”. Cosa sono le scorie nucleari, quale la differenza con i rifiuti radioattivi e la consistenza del fenomeno in Italia.

Differenze tra scorie e rifiuti

Qual è la differenza tra scorie e rifiuti radioattivi

Le scorie nucleari sono materiali radioattivi, originati dalla produzione di energia nucleare, che possono assumere uno stato fisico solido e/o liquido.

I rifiuti radioattivi sono quelli originati dallo svolgimento delle attività antropiche nel loro complesso, nell’ambito delle quali sono impiegati suddetti materiali radioattivi.

Da dove nascono i rifiuti radioattivi

Pertanto, i rifiuti radioattivi vengono costituiti dalle scorie nucleari e dai materiali di scarto provenienti da altre attività, quali:

  • le attività legate alla medicina nucleare[1];
  • la produzione di talune apparecchiature industriali[2];
  • lo svolgimento di attività di ricerca.

le scorie derivano dall’attività di produzione di energia nucleare, che in Italia si è svolta tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ‘80

E’ sorta, dal 1987 in avanti, anno in cui l’italia ha rinunciato mediante un referendum, al nucleare, l’esigenza di dovere gestire rifiuti, ma in particolare, le scorie radioattive

Sappiamo tutti che le scorie nucleari, e, in generale, rifiuti radioattivi sono pericolosi.

Ciò è dovuto alle radiazioni emesse da queste particelle, da cui è necessario proteggersi; laddove esse siano concentrate oltre una determinata quantità e qualità possono, rappresentare un rischio per la salute dell’uomo e per l’ambiente.

Qualora ciò si verifica, sorge la questione di:

  • come ed in quale modo sia possibile contenere il fenomeno e non recare danni per il genere umano e per le matrici ambientali, ovvero occorre individuarne le corrette modalità di smaltimento;
  • individuare le migliori modalità di smaltimento di tali rifiuti.

Come funziona il ciclo del trattamento

In merito al ciclo di trattamento dei rifiuti radioattivi, occorre puntualizzare che la nostra normativa ambientale sul punto prevede che l’esito della gestione di un rifiuto una volta divenuto tale, in generale possa essere costituito alternativamente dal suo recupero (laddove chi ne realizza la produzione ne scorga la possibilità che esso sia reintrodotto nel ciclo economico perché sussiste un suo valore), oppure dallo smaltimento (ove, al contrario, ciò non avviene).

Al contrario, l’unico esito possibile per il materiale in esame è lo smaltimento.

Qual è il principio fondamentale di gestione dei rifiuti radioattivi

Il principio fondamentale su cui si basa la gestione dei rifiuti radioattivi, ovvero il loro smaltimento, prevede:

  • la loro raccolta;
  • il loro successivo isolamento dall’ambiente (concentrare e trattenere) per un tempo sufficiente a far decadere la radioattività a livelli non più pericolosi per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente.

Come si svolge il ciclo di trattamento dei rifiuti radioattivi

In particolare, in Italia la gestione delle scorie e dei rifiuti radioattivi, si articola in più fasi:

  1. caratterizzazione, ovvero quella in cui vengono svolte molteplici analisi e misurazioni finalizzare a stabilire determinare le caratteristiche chimico-fisiche e radiologiche della sostanza[3];
  2. trattamento, ovvero quella in cui essi vengono sottoposti a talune operazioni tese a modificare forma fisica e/o composizione chimica, per diminuire il volume e prepararli per la successiva attività di condizionamento[4];
  3. condizionamento, mediante i quali essi è reso vengono resi idonei al trasporto, allo stoccaggio temporaneo e al conferimento[5];
  4. stoccaggio, ovvero il raggruppamento in depositi temporanei dedicati, per consentire l’attenuazione del suo contenuto radiologico, ad un livello tale da indirizzarlo alla soluzione di smaltimento più adeguata
  5. infine, lo smaltimento, che rappresenta il momento del conferimento presso un deposito, dove del rifiuto, in modo definitivo, ne viene chiuso il ciclo di vita.

Come verranno gestite le scorie radioattive

A proposito dello smaltimento e della collocazione del rifiuto radioattivo in deposito, occorre puntualizzare che il nostro paese ha innanzitutto stoccato i rifiuti all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, provenienti per:

  • la maggior parte (e quindi prodotti) dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari;
  • la minore quota dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca;

Nel futuro viene previsto il loro accumulo, in via definitiva (ovvero nel loro smaltimento) presso il c.d. “Deposito nazionale”[6], una infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i materiali radioattivi[7].

Verrà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività (Così, infatti, vengono classificati dal nostro Legislatore), che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva;

Insieme al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, nel quale si svolgeranno attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile[8].

Quali sono i volumi attuali in Italia

La maggiorparte del materiale radioattivo che può nuocere alla salute dell’uomo e dell’ambiente viene costituito dalle scorie radioattive, ovvero è originato dai residui della produzione di energia nucleare;

secondo i dati resi disponibili a riguardo delle scorie nucleari gestite da Sogin[9], la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, essi sono pari a circa 16.000 metri cubi[10];

La maggiore e rilevante entità dei rifiuti radioattivi è originata dal nostro impegno nel nucleare fra i primi in Europa.

La rilevante entità del dato origina dal fatto che, nel panorama europeo, il nostro Paese rappresenta quello che ha mosso i primi passi nell’utilizzo dell’energia nucleare.

Infatti, risale al 1958, a Latina, la costruzione della prima centrale elettronucleare (si trattava di un reattore raffreddato a gas), e successivamente, tra gli anni Sessanta e gli anni ’80 furono attivate altre tre centrali, l’ultima nel 1981, l’impianto di Caorso, giungendo complessivamente a quattro centrali installate e funzionanti.

Nel novembre 1987, tuttavia, con un referendum gli italiani si espressero a larga maggioranza in favore di tre quesiti che fissavano delle restrizioni all’attività nucleare.

A seguito di questo referendum il Governo italiano decise di fermare il primo di questi, quello di latina (un altro, quello di Garigliano era già fermo, per un guasto, dal 1978), e nel 1990 venne presa anche la decisione definitiva di disattivare gli impianti di Trino e Caorso.

Da quel momento in avanti, è sorta l’esigenza di:

  • mantenere in sicurezza dell’impianto;
  • allontanare il combustibile nucleare esaurito;
  • decontaminare e smantellare le installazioni nucleari;
  • opportunamente gestire e mettere in sicurezza le scorie.

, ovvero, di avviare le c.d. operazioni di “decommissioning”, l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare, che prevede, per il nostro Paese, da ultimo, il loro trasferimento in luogo sicuro, individuato nel c.d. “Deposito Nazionale”[11].

Per vedere la puntata

https://www.rainews.it/tgr/rubriche/leonardo/video/2023/12/TGR-Leonardo-del-15122023-2d0f4350-1be6-4c87-af52-cee0dcdb2499.html

Per vedere l’intervista

https://lnkd.in/dnZhRVmY


[1] Nell’ambito della c.d. “medicina nucleare”, è possibile che talune applicazioni comportino l’utilizzo di tale materiale. E’ il caso di quelle diagnostiche (ad esempio, varie sostanze radioattive sono utilizzate per diagnosticare alcune patologie, in quanto sono in grado di fornire informazioni utili all’elaborazione di immagini), terapeutiche (ad esempio, in talune terapie vengono impiegati radiofarmaci per distruggere le cellule cancerogene); di ricerca (ad esempio per lo svolgimento di talune analisi di laboratorio finalizzate alla produzione dei radiofarmaci e alla definizione ottimale dei loro dosaggi vengono impiegati materiali di questo tipo).

[2] Nello svolgimento di attività industriale, spesso per mezzo di sorgenti sigillate, si dà luogo a radioattività (i.e.: gammagrafia industriale, irraggiamento, ecc…).

[3] La caratterizzazione viene attuata lungo varie fasi del ciclo di vita del rifiuto radioattivo, ordinatamente per: a) definire le modalità di trattamento e condizionamento; b) monitorare l’andamento del processo; c) verificare la correttezza dei trattamenti e del condizionamento eseguiti sul rifiuto.

[4] Il trattamento da effettuare dipende dalle caratteristiche del rifiuto: forma fisica e geometrica, tipo di materiale, contenuto radiologico e chimico.

[5] Ciò prevede cementazione (utilizzando malte cementizie tecnologicamente avanzate e ciascuna adeguata alle specifiche caratteristiche del rifiuto da condizionare), e le relative modalità variazione in funzione delle caratteristiche chimiche e radiologiche del rifiuto.

[6] Il Deposito Nazionale sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.

[7] Il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico. All’interno dei 110 ettari del Deposito Nazionale, in un’area di circa 10 ettari, sarà collocato il settore di smaltimento per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e in un’area di circa 10 ettari i quattro edifici di stoccaggio per i rifiuti radioattivi a media e alta attività. I rimanenti 90 ettari sono destinati alle aree di rispetto, agli impianti per la produzione delle celle e dei moduli, all’impianto per il confezionamento dei moduli, agli edifici per il Controllo Qualità, Analisi radiochimiche, e per i servizi a supporto delle attività. Esso sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN. Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale.

[8]Sarà un polo di attrazione per l’innovazione scientifica e tecnologica nell’industria e un richiamo per un’occupazione qualificata.

[9] Le quali provengono dagli otto siti nucleari attivi in Italia fino al termine degli anni ’80 (con riferimento alle centrali di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta)), dall’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria) e dai tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera)), e dal reattore ISPRA-1 situato nel complesso del Centro Comune di Ricerca (CCR) della Commissione Europea di Ispra (Varese).

[10] Sogin precisa che i suddetti quantitativi, variano di anno in anno col progredire del mantenimento in sicurezza, del decommissioning e delle modalità di condizionamento dei rifiuti pregressi.

[11] Si tratta del luogo fisico deputato ad accogliere tali rifiuti. A al proposito, il 30 dicembre del 2020, la Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare, ha ricevuto il nullaosta del Governo ed il successivo 5 gennaio 2021, ha provveduto a pubblicare sul sito web https://www.depositonazionale.it/ la documentazione completa, il progetto e la carta dei luoghi, tenuta dal 2015 sotto riservatezza assoluta con minaccia di sanzioni penali per chi ne rivelasse dettagli. Viene progettato al fine di contenere il rilascio indesiderato di materiale in grado di arrecare danno all’uomo e all’ambiente, e verrà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN. Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale.  Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati, detti manufatti. Nelle celle verranno sistemati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività. Una volta completato il riempimento, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, che rappresenterà un’ulteriore protezione e permetterà un’armonizzazione dell’infrastruttura con l’ambiente circostante.  In un’apposita area del deposito, sarà realizzato un complesso di edifici idoneo allo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività, che resteranno temporaneamente al Deposito, per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico. Le barriere ingegneristiche del Deposito Nazionale e le caratteristiche del sito dove sarà realizzato garantiranno l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente.

Stefano Sassone interviene alla COP28: il resoconto degli eventi

Lo scorso 30 novembre e 3 Dicembre ho avuto il piacere di intervenire presso la COP28 in corso a Dubai, Emirati Arabi Uniti. L’occasione è stata duplice: in quale di rappresentante del Governo italiano, ho curato l’organizzazione, moderato e relazionato, nell’ambito dell’Evento organizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica presso il Padiglione italiano, dal titolo “La ricetta italiana dell’industria ambientale italiana per la sfida ai cambiamenti climatici”, mentre Domenica 3 Dicembre sono intervenuto nel convegno organizzato da Remtech.

La ricetta dell’industria ambientale italiana per la sfida ai cambiamenti climatici

Nell’occasione, ho sottolineato come Confindustria Cisambiente abbia partecipato ad un evento di profilo globale in cui le sue aziende hanno portato un contributo a livello locale.

Glocal deve essere il profilo e l’essenza della COP28: laddove le problematiche del clima devono essere affrontate, pianificate e risolte innanzitutto con l’impegno dell’esecutivo di tutti i Paesi, la forza del cambiamento dovrà essere espressa, anche, attraverso l’impegno e le tecnologie profuse dalle nostre imprese.

Diversi imprenditori hanno mostrato, attraverso esempi concreti, come il mondo dell’igiene ambientale e delle bonifiche può essere funzionale ad un’economia di profilo circolare.

Rinnovare i Territori per sostenere la multi-transizione e lo sviluppo del Terzo Millennio

Successivamente, il 3 Dicembre sono intervenuto nel convegno organizzato da Remtech-Ferrara Fiere, con il Direttore Tecnico, Stefano Sassone, presso la COP28 in corso di svolgimento presso Dubai.

Emerge chiaro dal confronto che la protezione dei territori è un obiettivo perseguito dalle Aziende di Confindustria Cisabiente, precisando l’intenzione dell’Associazione di realizzarlo seguendo, tra le altre cose, alcune importanti linee di sviluppo che riguardano le attività di bonifiche, la produzione di veicoli verdi e quella di vettori energetici dai rifiuti.

Queste sono tutte attività che hanno un’importante ricaduta sul nostro clima, contribuendo a contrastare il suo rapido, e speriamo esorabile, cambiamento.

Comunità europea: prosegue l’iter di approvazione del Regolamento Imballaggi

Riuso o riciclo? È questo l’interrogativo cui sta cercando di rispondere la Comunità europea nel riformare la disciplina relativa alla gestione degli imballaggi e dei relativi rifiuti. Sta andando in scena un “tira-e-molla”, tra i vari Paesi che sostengono l’una o l’altra posizione. Facciamo il punto della situazione, con i lavori di stesura del testo ancora non ultimati.

L’approvazione del testo

È stata approvata, lo scorso 22 novembre, al Parlamento Europeo, la proposta di Regolamento imballaggi e rifiuti di imballaggio (PPWR)[1].

Per chi sostiene la posizione del riciclo dei rifiuti, il risultato può essere considerato:

  • come positivo per quanto riguarda le priorità sugli articoli 22 e 26;
  • come negativo per la discriminazione a favore di alcuni materiali e per il cauzionamento

Rimane da sottolineare il buon risultato conseguito complessivamente, considerando la proposta della Commissione europea e la relazione iniziale della relatrice della Commissione ENVI Ries.

In merito ai singoli articoli, si segnala la seguente approvazione.

In merito (art. 22 e Allegato V) vengono ora esentate le le microimprese laddove non è tecnicamente fattibile non utilizzare imballaggi o ottenere l’accesso alle infrastrutture necessarie.

In merito all’esenzione dai divieti su base di Life Cycle Assesment per raccolta differenziata, viene confermato il testo previgente (437 e 499), e altrettanto per il 445 (esenzione per divieti HORECA su base di raccolta differenziata) e 373 (eliminazione degli atti delegati nella revisione della Commissione). 

Circa gli obiettivi di riutilizzo e ricarica (art. 26), vengono attuati emendamenti per:

  • imballaggi da trasporto la deroga di esclusione si limita al solo settore della carta,
  • l’eliminazione delle percentuali di materiale riciclato al 2040 per imballaggi da trasporto;
  • l’esenzione per operatori economici con spazio non superiore a 200 m2 comprese zone stoccaggio, l’esenzione per il latte,
  • l’esenzione per le bevande analcoliche se il tasso di riciclo è dell’ 85%, l’esenzione da tutti gli obiettivi di riutilizzo sulla base di un tasso di riciclaggio dell’85%;
  • la deroga paese basata su raccolta differenziata, e la previsione di esenzioni dal riuso per vino, bevande spiritose e definite dal codice nomenclatura.

 

Prossimi passaggi

Il Consiglio dell’UE, guidato dalla Presidenza Spagnola, sta continuando a discutere il suo testo del Regolamento con l’ambizione di adottare il suo “approccio generale” durante l’ultimo incontro del Gruppo Ambiente, previsto per il prossimo 18 dicembre. A questo proposito, segnaliamo che Confindustria sta continuando l’importante collaborazione con il MASE e la Rappresentanza Italiana presso l’unione europea, tramite i quali stiamo fornendo commenti puntuali alla discussione, basati sulla posizione del Sistema Confindustria.


[1] Gli eurodeputati hanno approvato il testo votato con 426 voti a favore, 125 contrari e 74 astenuti.

Quali sono le attività economiche definite come “sostenibili”? Interviene a definirle la Comunità europea con un Regolamento ad hoc

Con la pubblicazione di un Regolamento avvenuto lo scorso 21 novembre, la Comunità definisce quelli che sono le attività individuate come “sostenibili”

Il nuovo regolamento

Con il Regolamento 2023/2486 del 27 giugno 2023, pubblicato in GUCE (gazzetta ufficiale della comunità europea lo scorso 21 novembre), la Commissione definisce i criteri di vaglio tecnico utile a stabilire le attività economiche quali sostenibili.

Esso va ad integrare il Regolamento (UE) 2020/2085 del 18 giugno 2020 (cd. Regolamento Tassonomia) relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili.

I criteri per identificare le attività come sostenibili

In particolare, I criteri individuati dal Regolamento, che andranno in vigore dal prossimo anno, vengono materialmente ad essere contenuti negli allegati all’atto (Allegato II).

Essi riguardano diverse attività economiche come, ad esempio, fabbricazione di imballaggi in materie plastiche, fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi e pericolosi, trattamento dei rifiuti pericolosi, recupero dei rifiuti organici mediante digestione anaerobica o compostaggio, decontaminazione e smantellamento dei prodotti a fine vita, cernita e recupero di materiali dai rifiuti non pericolosi.